È viola e fa bene Torna sulle tavole la patata turchesa

PESCARA. L’avevano snobbata, scacciata in fondo ai campi e dimenticata fino a farla quasi estinguere. Ma è bastato che ne sentissero parlare perchè i contadini del Gran Sasso si ricordassero di quella strana patata un po’ gibbosa e con la buccia viola, la patata della loro infanzia, coltivata e cucinata dai loro nonni. E perchè decidesserò che la rivolevano. Anche perchè la patata Turchesa fa pure bene alla salute. E questo i contadini moderni ancora non lo sapevano, ma i loro nonni sì.

La storia della patata Turchesa, portata dal Parco del Gran Sasso anche al Salone Euro Gusto lo scorso novembre, è vecchia di cinqucento anni. «E’ una specie antica» spiega Silvia De Paulis, agronoma responsabile del Servizio Agrosilvopastorale del Parco, «e va coltivata in montagna. Negli ultimi vent’anni però, cioè da quando sono arrivate le patate del Fucino meno gibbose e con una buccia più fine, la patata Turchesa, più difficile da pelare, ha perso mercato e la sua coltivazione è stata via via abbandonata fin quasi a scomparire».
A salvare il tubero ci ha pensato una campagna di recupero promossa dal Parco e iniziata nel 2002. «Il primo passo» racconta la De Paulis «è stato recuperare gli ultimi 33 tuberi, che erano in quota a Isola del Gran Sasso e San Giorgio. A quel punto abbiamo avviato la moltiplicazione in vitro».

Due anni dopo i 33 tuberi hanno restituito 10.000 minipatate con cui il Parco nel 2005 ha avviato la coltivazione in due campi, a Barisciano e Assergi. «Ogni tubero del primo raccolto pesava quasi un chilo. A quel punto abbiamo deciso di presentarli alla stampa e la reazione è stata sorpendente: hanno cominciato a chiamarci i contadini che avevano sentito parlare di questa patata dai loro padri o l’avevano mangiata da bambini e volevano ricominciare a coltivarla», racconta Silvia De Paulis.

Anche perchè la patata viola, che i produttori hanno deciso di chiamare col suo secondo nome, ovvero la Turchesa, fa anche bene alla salute: la sua buccia, come tutte le cose viola e blu, ad esempio i mirtilli, è ricca di antiossidanti e ha quindi proprietà anticancro.
«I contadini» racconta l’agronoma «ci hanno raccontato che questa patata veniva cucinata tradizionalmente al coppo, oppure sotto la cenere e poi mangiata con la buccia. Nei secoli scorsi, quindi, pur non sapendo niente di antiossidanti, si sfruttavano al meglio le proprietà organolettiche».

Dai 14 agricoltori custodi del primo anno si è passati ai 60 attuali, che a ottobre hanno costituito l’associazione Produttori della patata Turchesa del Parco. «Al momento» spiega il presidente Giuseppe Commentucci «la domanda è più alta dell’offerta, anche perchè la produzione viene utilizzata soprattutto per la semina dell’anno dopo. Siamo riusciti a darne un po’ ad alcuni ristoratori locali attenti alle tipicità che ce l’hanno chiesta. Già il prossimo anno speriamo però di aumentare le quantità e poterne vendere di più».