A Vasto la spiaggia nuova costa 21 milioni

Ennesima operazione di riporto dai fondali, ma i dubbi sulla sua efficacia fanno insorgere amministratori e ambientalisti

VASTO. In altri tempi sarebbero stati dati per scontati. Oggi quando si parla di tagli e sacrifici e si pensa a riparare i danni del terremoto, 21 milioni appaiono tanti, troppi, per avviare e completare in tre mesi il progetto di ripascimento delle spiagge abruzzesi.

Ventuno milioni dei fondi Cipe servono per estrarre la sabbia dal fondo marino a sud del porto di Ortona e a nord del porto di Vasto, trasportarla con la draga e riversarla lì dove il mare ha eroso la costa, a vantaggio quindi del turismo e dei balneatori.

Il progetto affonda le radici nel 2002 e da allora si ripete ciclicamente. Difficile tener conto dei soldi pubblici spesi fino ad oggi, ma certo è che se ogni qual volta è stata spesa una cifra sia pure approssimabile ai 21 milioni previsti oggi, il “gruzzolo” sarebbe davvero notevole. Con quali vantaggi?

La polemica è nata in questa direzione ed è salita di tono in prossimità del via libera ai lavori (il 10 febbraio) al punto da mettere Verdi contro Verdi e un consigliere regionale navigato come Giuseppe Tagliente (Pdl) di traverso sulla strada percorsa dell’assessore regionale Mauro Febbo (coordinatore Pdl). Se poi il sistema di ripascimento prevede l’estrazione della sabbia dai fondali al largo di una riserva naturale come Punta Aderci (vedi articolo sotto ndr) ecco che la polemica diventa popolare e si arriva a gridare al paradosso.

Il fatto è che i dubbi sull’efficacia dell’operazione sono tanti e sotto gli occhi di tutti. E che ci sia stata un’indecisione di fondo su quale sistema di protezione marina adottare, lo dimostra l’infinita schiera di scogliere che sfila lungo la costa: ora sono orizzontali, ora verticali, altre sono state collocate in diagonale o addirittura immerse direttamente nella sabbia al punto che poi ne sono state necessarie altre. Come se non bastasse l’anno scorso a Pescara e Montesilvano è stato scelto di “turbosoffiare” sull’arenile la sabbia che era stata prelevata al largo. Con il risultato che per un po’ di tempo la spiaggia era diventata bicolore: quella normale, biancastra, e quella rossa-marrone intrisa di sali minerali e di chissà altro.

Per la verità, pareri di universitari si sono accavallati sulla bontà dei lavori eseguiti, puntualmente però l’anno successivo è spuntato lo studio di qualche altro esperto che sponsorizzava l’altro sistema di difesa della costa, meno caro di 21 milioni. Sempre garanzia esclusa.