Abruzzo 1944, il pianoforte di Frieda

17 Marzo 2010

«Il caso Lichtner» di Giuseppe Perri, racconto dolente di un’odissea che parla a tutti noi

«Nel 1949 Frieda, Gustav e Robert raggiunsero Hans in Brasile, trasportando con loro quel magnifico pianoforte a coda che Frieda aveva portato con sé in tutte le peripezie in Italia, che aveva permesso alla famiglia di sopravvivere e anche in Brasile contribuì a fare di Frieda un’apprezzata insegnante di musica. La famiglia Lichtner trovò finalmente la pace, la libertà e la prosperità». Questa è la storia della famiglia Lichtner, del calvario e del salvataggio degli ebrei stranieri in Italia durante la guerra e il fascismo, in particolare il fascismo abruzzese.

E’ una piccola grande storia. A far da filo rosso quel pianoforte a coda, che ha viaggiato da Vienna a Pescara e poi da Penne fino a San Paolo in Brasile. Sono state le tappe dei Lichtner scampati all’Olocausto. La loro avventura romanzesca è l’incredibile vicenda che racconta Giuseppe Perri nel libro «Il caso Lichtner - Gli ebrei stranieri, il fascismo e la guerra» (Jaka Book, 266 pagine, 24 euro), narrazione in puro stile di ricostruzione archivistica e sulla base di testimonianze inedite di alcuni dei momenti più drammatici della nostra storia, arricchita da documenti diplomatici e lettere private, rapporti ufficiali di polizie e prefetture che aiutano a comporre l’intero mosaico.

Perri - professore di filosofia alla Scuola Europea di Bruxelles, già docente all’università D’Annunzio di Chieti e autore di saggi sui campi d’internamento in Abruzzo durante il secondo conflitto mondiale - ha conosciuto Hans Lichtner, oggi ottantasettenne, che vive tuttora in Brasile, e suo fratello Robert che invece dopo il Brasile ha vissuto un periodo negli Stati Uniti per poi trasferirsi definitivamente in Israele. Ha faticato a vincerne il riserbo, ma con le loro voci è riuscito a trasmettere la drammaticità di impressioni e ricordi che il tempo ha mantenuto intatti.

Epicentro della narrazione è l’Abruzzo a cavallo degli anni 1938-45. Hans e Robert avevano 15 e 11 anni quando giunsero a Pescara con i loro genitori, Gustav Lichtner e Friederike (Frieda) Kanz. Erano una famiglia di ebrei viennesi che si trasferirono in Italia dopo l’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania e la presa del potere dei nazisti.
Il nostro Paese si presentava come una specie di porto franco per gli stranieri con una legislazione accogliente, ma il 1938, sull’onda dell’Anschluss in Austria e del rafforzamento del patto di ferro con la Germania nazista, coincise con il varo delle leggi razziali che introducevano pesanti limiti all’ingresso e al soggiorno dei cittadini stranieri ebrei. Che si inasprirono poi con lo scoppio della guerra, e successivamente sotto l’occupazione tedesca diventarono persecuzioni, arresti, deportazioni nei campi di sterminio.

Gustav, Frieda e i ragazzi si stabilirono a Pescara dove era prefetto Renzo Chierici, originario di Reggio Emilia e fedelissimo di Italo Balbo, uno dei gerarchi più in vista del regime, ideatore, gran protettore e ministro della giovane Arma Aeronautica e lui stesso pilota avventuroso. Balbo era sinceramente «anti tedesco», ammirava gli Stati Uniti e in politica interna oppositore della svolta antisemita del regime, l’attribuiva al prezzo da pagare per l’alleanza con i nazisti. Come il suo potente protettore, Chierici non era di sentimenti razzisti. Questo spiega le molte «distrazioni» provvidenziali per la sorte dei Lichtner.

La lettera con la quale presenta al ministero dell’istruzione la richiesta della signora Frieda di insegnare musica in una scuola privata, definisce «di razza ariana» i Lichtner; e fu lui a fare carte false - letteralmente - affinché comparissero solo come «cittadini stranieri». Anche il fascismo pescarese, con il segretario Giacomo Acerbo che si rifaceva alla corrente monarchica-moderata, non si dava un gran da fare contro gli ebrei stranieri.

Nel «graziare» i Lichtner, il prefetto Chierici e «il fascismo abruzzese sui generis», nel ritratto che Perri ne fa con la documentazione di cui si avvale, seguirono a loro modo la linea antitedesca di Balbo. Alla stessa maniera, il libro sottolinea l’atteggiamento di opposizione alla politica razzista del regime da parte del vescovo di Chieti, Giuseppe Venturi. Il porporato che per proteggere la sua gente riuscirà a far dichiarare Chieti «città aperta». La scuola presso la quale la signora Katz intendeva insegnare era il collegio Aterno dei padri resurrezionisti istituito a Pescara da monsignor Venturi. Fu così che il vescovo aiutò i Lichtner a salvarsi, battezzò i due ragazzi e cresimò la signora Frieda.

Il «Caso Lichtner» è un documento storico da leggere, ma è anche la radiografia di una profonda e dolente trasformazione esistenziale in cui si sovrappongono le vecchie istantanee di una fanciullezza serena e le più dure immagini di terrore e di persecuzioni. «Hans e Robert Lichtner erano ragazzi quando vennero in Italia - scrive Perri - e la loro vita cambiò per sempre. Ho chiesto ad Hans che significato avessero avuto per lui le sue vicende giovanili, la risposta è stata molto chiara: ho capito, mi ha detto, di essere ebreo».

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