APPALTI E TERREMOTOLe intercettazioni: "Possiamo piglià tutto quello che ci pare"

Feste, percentuali, assunzioni e affari: le telefonate descrivono il «sistema gelatinoso» che ruotava intorno agli appalti. Il magistrato: i soggetti protagonisti hanno anche una vera sindrome di impunità

ROMA. Dalle carte dell’inchiesta sulla gestione dei grandi eventi «emerge l’interessamento anche di soggetti legati alla malavita organizzata di stampo mafioso che controllano cordate di imprese interessate al banchetto costituito dagli appalti ultramilionari». E’ uno dei passi salienti dell’ordinanza dei magistrati fiorentini, magistrati che da oggi inizieranno nel carcere di Regina Coeli gli interrogatori degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla gestioni dei grandi eventi nella quale è indagato anche il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. A sentire Angelo Balducci, Diego Anemone e Mauro della Giovampaola sarà il gip fiorentino Rosario Lupo, il magistrato che a Milano archiviò l’inchiesta sul Lodo Mondadori. Il quarto arrestato, l’ingegner Fabio De Santis sarà invece sentito nel carcere milanese dove si trova. Fra gli indagati spicca il nome del procuratore aggiunto di Roma Achille Toro. Ieri, quasi con le lacrime agli occhi, ha detto di aver pensato alle dimissioni, ma di non averlo fatto per il figlio Camillo (indagato).

Ci sono le feste «megagalattiche», gli appalti che si gonfiano per ricavare le percentuali da ridistribuire, le auto, le librerie, i soggiorni in hotel, le assunzioni di figli, nuore, figli degli amici, amici. E ci sono, corollario obbligato, le prostitute. Sembra mancare il denaro, ma gli investigatori hanno in proposito un’idea: accade che prima di incontrare Bertolaso l’imprenditore Diego Anemone si attivi alla ricerca di denaro contante, tanto che gli investigatori ritengono - scrive il gip Lupo - «che detti incontri siano finalizzati alla consegna di denaro a Bertolaso». E’ il «sistema gelatinoso» che ruota intorno agli appalti per i grandi eventi, «il totale e incondizionato asservimento della pubblica funzione, demandata a Balducci, De Santis e della Giovanpaola, agli interessi di Anemone». E non solo, ci sono, di fondo, un cinismo e un senso di impunità che sgomentano.

Come quando arriva la notizia del terremoto e l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli parla con il cognato Gagliardi che gli dice: «Occupati di sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno». P: «Eh lo so (ride)». G: «Così per dire, per carità... poveracci». P: «Vabbuò, ciao». G: «O no?». P: «Eh, certo... io ridevo stamattina alle tre e mezzo dentro al letto». G: «Io pure».

Sì perché sono le intercettazioni telefoniche, ancora una volta, a svelare tutto ai magistrati. E di fronte a queste il sindaco dell’Aquila sbotta: «Sono allibito. Sono forme di sciacallaggio che gettano ombra su tutti i fornitori che stanno lavorando alla ricostruzione».

La festa.
E’ il 21 settembre 2008, Diego Anemone, imprenditore romano che ha rapporti stretti con Guido Bertolaso, parla con Simone Rossetti, il suo factotum allo Sporting Club Salaria (sequestrato poi dalla procura di Roma nell’inchiesta sui mondiali di nuoto) dell’organizzazione di una «cosa megagalattica» in favore del capo della Protezione civile. Rossetti: «Capo». Anemone: «Eccomi». R: «Allora domenica prossima alle 8». A: «Di quello che parlavamo prima?». R: «Sì, sì. Cosa megagalattica». A: «Ma lì da voi?». R: «... chiudo il circolo due ore prima. Festa al centro benessere». Ancora Rossetti: «Tre persone con lui». Il 25 settembre, Rossetti: «Quante situazioni devo creare?». Anemone: «Io penso due, lui si diverte, due». R: «Tre? Che ne so!». A: «Eh la Madonna.... di qualità!». R: «Assolutamente sempre». La festa non si farà per impegni di Bertolaso che il 27 settembre chiama Anemone e dice: «Spero mi consentirai di approfittarne in un’altra occasione».

Il denaro.
La mattina del 21 settembre 2008 (Anemone e Bertolaso hanno un appuntamento di lì a poco) l’imprenditore contatta per chiedere denaro, come altre volte, don Evaldo Biasini economo del Collegio del Preziosissimo sangue di Roma. Anemone: «Scusa don Eva, scusa se ti scoccio... solo per rotture di coglioni... perché ieri... stamattina devo vedere una persona verso le 10 e mezzo. Tu come stai messo?». Don Evaldo: «Di soldi? Qui ad Albano ce n’ho 10 (mila) soltanto. Giù a Roma potrei darteli, debbo poi portarli in Africa, mercoledì... vediamo un po’».

Patente per uccidere.
Il magistrato scrive: «I soggetti protagonisti oltre a essere consapevoli del loro potere pressoché illimitato, hanno anche una vera e propria sindrome di impunità». Lo si comprende bene da questa intercettazione del primo luglio 2009 fra Fabio De Santis e il fratello Marco a proposito degli interventi alla Maddalena. Fabio De Santis: «C’abbiamo la patente per uccidere... cioè possiamo piglià tutto quello che ci pare».

La cresta.
Il 22 agosto 2008 l’architetto Marco Casamonti descrive al suo collaboratore Giovanni Polazzi i termini per l’accordo sui lavori alla Maddalena. Casamonti: «Allora la storia sta così: lui ci dà 150mila euro mensili di anticipo tutti i mesi... va bene? Prendiamo il 2% su 60 milioni di euro già appaltati... su 63 primo lotto che sono il 2% 1 milione e 200mila... poi prendiamo il 3% sulle robe da appaltare nuove... e il 4% sugli arredi.... Sì, totale verrà un paio di milioni di euro... siccome sono in 10 mesi è una roba buona per noi». Successivamente Casamonti spiega che può far lievitare l’importo complessivo dei lavori che gli sono stati affidati. Casamonti: «Grazie al mio intervento... insomma di riuscire a far crescere anche gli importi.. capito? Quello fidati è una cosa che me la curo io... secondo me ci vuole altri 60 milioni di lavori».

Fammi un favore.
Dalle intercettazioni sbuca anche l’attuale direttore generale della Rai, Mauro Masi. Chiama più volte Angelo Balducci per chiedergli l’assunzione di una persona di Anacapri, Anthony Smit. Masi: «Un piacere personale...». L’assunzione verrà fatta.