Arrosticini, un affare da un miliardo per 12mila posti di lavoro: «La carne straniera è più gustosa e morbida»

Carmelo D'Anastasio durante la puntata di "Foodish" dedicata agli arrosticini
I numeri della filiera: ogni anno in Abruzzo sono 700mila gli animali trasformati. Parla Carmelo D’Anastasio, il vincitore della puntata di “Foodish”
PESCARA. Un miliardo di euro di fatturato, 12mila posti di lavoro tra diretto e indotto, 700mila capi trasformati ogni anno, 80 aziende di produzione e 400 macellerie sul territorio. Sono questi i numeri, emersi a giugno dello scorso anno in Commissione Agricoltura, del sistema di produzione dell’arrosticino nella nostra regione. Tuttavia ad oggi sono disponibili in Abruzzo 150mila capi ovini che per almeno 130mila vengono utilizzati solo a scopo di latte. Secondo i dati dell’Associazione regionale allevatori, la produzione di carne ovina in Abruzzo è di circa 20mila tonnellate all’anno, mentre la domanda di arrosticini sarebbe pari a quasi 100mila tonnellate l’anno. Non c’è da stupirsi, allora, se durante la puntata di “Foodish” dedicata agli arrosticini (e andata in onda una settimana fa su Tv8) è emerso che tutti e quattro i partecipanti alla competizione avevano deciso di cucinare, per i propri clienti, arrosticini con carne di pecora francese.
Carmelo D’Anastasio dello staff di “Somari”, ristorante che alla fine si è aggiudicato la gara, spiega al Centro il perché di questa scelta: «La pecora francese ha carni più tenere e dal sapore più delicato, mentre la pecora abruzzese tende ad avere una carne più fibrosa e un gusto più intenso. Per tale motivo si preferisce spesso la pecora francese o irlandese: questo affinché, il giorno dopo una cena a base di arrosticini, non si abbia più quella pesantezza e quella difficoltà nella digestione. Nessuno vuole cambiare le tradizioni ma, come avviene per tutte le cose, si cerca di migliorare nel pieno rispetto di una materia prima di qualità. Anche sulla cottura ci sono a volte idee diverse: 30 secondi in meno possono anche starci, ma non bisogna andare oltre questo tempo perché ad esempio, in un tavolo di dieci persone, puoi incontrare tante opinioni diverse, e magari qualcuno invece ti dice che i tuoi arrosticini sono troppo cotti».
Paride Vitale, noto esperto di comunicazione che ha accompagnato Joe Bastianich nel viaggio alla scoperta dei “rostelli” più “foodish”, ci racconta: «Ho scoperto che per gli arrosticini non si usano pecore locali ma francesi, che pare siano più buone. Ora, al di là che questa pare essere una tendenza, mi chiedo: se all’arrosticino togliamo la carne locale, cosa rimane di abruzzese? Il bastoncino? Io ho espresso un’opinione da profano, tuttavia da abruzzese dico che questi dovrebbero chiamarsi “arrosticini di pecora francese”, mentre i veri arrosticini dovrebbero essere fatti ad hoc. A me l’arrosticino “selvatico” piace. Per quanto riguarda le varianti con fegato, Black Angus e via dicendo, io li chiamerei “spiedini” perché, secondo me, di arrosticino non hanno nulla. Gli arrosticini di fegato sono belli “strong”, ma sicuramente anche gourmet: immagino che i pastori non li mangiassero così. Poi, per il resto, io credo che gli abruzzesi siano come i calciatori: tutti esperti di arrosticini. È dunque veramente difficile che ci sia al riguardo un parere unitario».
@RIPRODUZIONE RISERVATA

