Berlusconi tentato dall’indulgenza

Il premier sfilerà alla Perdonanza. Attesa per l’incontro con Bertone. Il Cavaliere sarà domani a cena con il segretario di stato del Vaticano

L’AQUILA. Nell’incontro tra un salesiano piemontese e un “cumenda” milanese non si dovrebbe rischiare la noia. Così si prevede per l’incontro di domani tra il Cardinal Tarcisio Bertone, sottosegretario di Stato, e Silvio Berlusconi, durante la cena nel ristorante Federico II in via Strinella (pasto frugalissimo, addirittura da consumarsi in piedi) ospiti, con gli 11 vescovi abruzzesi e molisani, con Gianni Letta e con i ministri Mara Carfagna e Gianfranco Rotondi, del comitato organizzatore dell’Anno celestiniano.

Il rigido protocollo della segreteria di stato non prevede però un faccia a faccia. Nella sala del ristorante ci saranno un centinaio di persone, impossibile trovare momenti per colloqui privati. Inoltre il cardinal Bertone non parteciperà al corteo della Perdonanza nel quale sfilerà il premier. Bertone si limiterà ad aspettare l’arrivo del corteo accanto alla Porta Santa della Basilica di Collemaggio, prima della vestizione che precederà la messa.

C’è però da scommettere che il Cavaliere troverà il modo di parlargli. Berlusconi arriva all’appuntamento con Bertone alla fine dell’estate più difficile della sua carriera di uomo politico e di marito, mentre con il Vaticano i rapporti sono ai minimi storici. Tanto che la Stampa non ha avuto sospetti quando nei giorni scorsi ha pubblicato una falsa immagine della prima pagina dell’Avvenire, il quotidiano dei vescovi, con un titolo che suonava così: «Silvio, adesso basta». Dove il virgolettato era riferito addirittura a papa Benedetto XVI. Parlare con Bertone è dunque importante.

Il salesiano è uomo pragmatico e abituato alle cause difficili (nel 2001 gli fu affidato il caso del cardinal Milingo e del suo matrimonio con Maria Sung), è anche uomo amante dello sport (è tifoso juventino e un paio d’anni fa dichiarò che il Vaticano avrebbe potuto allestire una squadra di calcio all’altezza dell’Inter o del Milan), e uomo di comunicazione (uno dei padri spirituali del suo ordine è il savoiardo san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti): dunque i due sapranno trovare i toni giusti. Anche se nessuno si aspetta l’impossibile. Cioè che a Berlusconi la Chiesa conceda l’indulgenza plenaria speciale, decretata dal papa per i pellegrini dell’anno celestiniano, a cui il premier non sarebbe insensibile. Ieri il portavoce della curia aquilana, don Claudio Tracanna, ha spiegato bene il caso: per ottenere l’indulgenza bisogna essere pentiti, confessarsi, ottenere l’assoluzione, fare la comunione. Ma per chi è divorziato, come Berlusconi, è impossibile comunicarsi, soprattutto in un’occasione così pubblica come la prima Perdonanza aquilana del dopo terremoto. Altra cosa, si riflette nei palazzi della curia, sarebbe un pentimento più privato, lontano dalle telecamere e dai taccuini dei giornalisti, che potrebbe aprire forse le porte all’eucaristia. Un desiderio che il premier ha espresso in più occasioni: «Eccellenza, lei che può, faccia di tutto e interceda affinché anche noi divorziati si possa ricevere l’eucaristia», disse nel giugno dello scorso anno al vescovo di Tempio Pausaria Sebastiano Sanguinetti (l’avrebbe forse chiesto anche a papa Ratzinger nell’incontro privato che inutilmente ha cercato di ottenere?).

Ma giugno 2008 era un secolo fa. Non c’era ancora il Papi-Berlusconi. Non c’erano le «Dieci domande di Repubblica» e poi le «Nuove dieci domande di Repubblica» su Noemi Letizia e i suoi familiari, sulle feste a palazzo Grazioli e sul vasto e ciarliero mondo delle escort. Non c’erano le ironie dei giornali esteri sulla «dipendenza sessuale del presidente del consiglio», non c’erano soprattutto le dichiarazioni addolorate, ma affilate, della signora Veronica Lario che annunciava la separazione da un uomo «malato» che «frequenta minorenni».

Paradossalmente, nel marasma mediatico nel quale è precipitato, è stato il terremoto aquilano a dare una certa stabilità a Berlusconi. Il premier è venuto all’Aquila 21 volte. Nessuno tra le tende gli chiede di Noemi o di Patrizia D’Addario. Va sui cantieri, studia i progetti, stringe le mani degli operai e dei volontari, incoraggia gli sfollati. Ora viene anche alla Perdonanza, primo capo del governo nella storia della celebrazione. Se non l’indulgenza plenaria, almeno una tregua non la troverebbe immeritata.