Biondi e l’omaggio a Raffaele Delfino: grande interprete della destra italiana 

Il sindaco dell’Aquila ricorda l’ex parlamentare pescarese scomparso a 92 anni: «Fu tra i promotori  della scissione di Democrazia nazionale dall’Msi, lontano da contrapposizioni ideologiche muscolari»

Le polemiche contro l’intitolazione di strade a Giorgio Almirante, ultima in ordine di tempo quella andata in scena a Nereto, dimostra come ci sia una parte di sinistra che ancora non fa i conti con la storia recente dell’Italia e non vuole chiudere l’epoca delle contrapposizioni ideologiche. Non riesce a fare propria quella riappacificazione di cui lo storico leader del Movimento sociale ed Enrico Berlinguer si resero protagonisti segnando una pagina importante, quando intessero quel rapporto riservato di cui si è venuti a conoscenza solo anni dopo, nel solo interesse della Nazione, scambiandosi informazioni riservate per far fronte comune contro gli estremismi che avevano trascinato l’Italia negli Anni di Piombo. Un gesto, un modo nobile di intendere la politica che sembra lontanissimo dai nostri giorni in cui assistiamo addirittura al richiamo del presidente della Repubblica contro gli insulti e la demonizzazione dell’avversario. Era una stagione in cui l’interesse nazionale veniva prima di ogni altra cosa e anche tra avversari c’era uno straordinario, reciproco, rispetto. Ed è significativo richiamare alla memoria le parole che Almirante rivolse a donna Assunta, rimasta sorpresa dalla sua decisione di partecipare ai funerali dello storico avversario: “Lui al mio sarebbe venuto”. Ecco, è a questa etica della reciprocità di cui credo debba fare tesoro chiunque voglia impegnarsi in politica e gestire la cosa pubblica. E l’attuale classe dirigente dovrebbe ispirarsi a quella distensione dei rapporti di cui Almirante da un lato, e Berlinguer dall’altro, furono a un certo punto protagonisti, ritrovando un dialogo sereno che abbandoni scorrettezze e colpi bassi, anche nei toni, nell’interesse comune.
Un episodio, quello dei colloqui privati tra i due leader della prima Repubblica, che deve anche indurci a ricordare come il Movimento sociale non fosse un blocco granitico costituito da neofascisti, ma un partito con tante sensibilità e una tradizione di presenza nelle istituzioni verso le quali nutriva particolare sensibilità e rispetto. La recente scomparsa di Raffaele Delfino, grande interprete della destra italiana, ci ricorda la scissione di Democrazia nazionale dall’Msi di cui il parlamentare abruzzese fu tra i promotori. Quasi un tentativo di anticipare la svolta di Fiuggi e che dimostra l’eterogeneità della destra dove, negli anni, sono emerse sensibilità diverse e dove sono prevalsi sentimenti sempre più vicini al conservatorismo tradizionale. Un percorso il cui apice possono essere considerate le elezioni del 2022, se si pensa che lo stesso Delfino le aveva considerate come il concretizzarsi di una destra moderata e pragmatica. È per questo che è riduttivo e fuorviante circoscrivere la storia del Movimento sociale a una minoranza di reduci e nostalgici o interprete di una prosecuzione sotto altre forme del fascismo. È stato, al contrario, un partito frequentato da intellettuali, professionisti, giornalisti, artisti, capace di esprimere una classe dirigente e parlamentare da cui nel tempo sono usciti un premier, un presidente del Senato e uno della Camera, ministri, presidenti di Regione e centinaia di amministratori, animato da tante tendenze - tra cui anche la componente da cui poi è emersa Giorgia Meloni - che già tra i primi anni 80 e i primi anni 90 parlavano di superamento delle contrapposizioni ideologiche muscolari, di ambientalismo, di comunitarismo, di un’Europa politica unita e autorevole. Da quelle esperienze è gemmata la “generazione Atreju”, che ha saputo modernizzare e portare al governo della nazione quella tradizione. Giorgia Meloni, oggi, è la migliore interprete di una visione inclusiva e istituzionale, con il profilo decisionista ma dalla straordinaria sensibilità umana, alla guida di un partito plurale in cui non mancano riferimenti ideali, ma che ha saputo diventare punto di riferimento di un elettorato ben più ampio di quello che, solo fino a qualche anno fa, si sarebbe affidato a una leader donna e di destra. Che ha la capacità di guidare una coalizione senza timori di essere messa in ombra, a cui tutto il centrodestra deve il ritorno alla guida della Nazione, e che ha una lunga stagione davanti da dedicare al rilancio dell’Italia.*Sindaco dell’Aquila