Chiodi: mobilità passiva colpa dei conti in rosso

8 Dicembre 2011

Sanità, il presidente della Regione conferma i dati del Centro sulle cure fuori dall'Abruzzo

PESCARA. «Il nostro sistema sanitario paga ancora la cattiva reputazione di regione canaglia». Gianni Chiodi, presidente della Regione e commissario ad acta per la sanità abruzzese, non smentisce i dati pubblicati dal Centro, e spiega così il saldo negativo di oltre 67 milioni sui flussi di cura verso e fuori l'Abruzzo. In termini tecnici si chiama mobilità, attiva la prima, passiva la seconda. A conti fatti, però, per Chiodi significa: «Solo il 2,7 per cento della spesa sanitaria complessiva, che ammonta a 2 miliardi e mezzo di euro». Dunque meno di quella per il personale, 31 per cento e 788 milioni, o per i farmaci, 17 per cento e 424 milioni.

Il commissario analizza il fenomeno mobilità accanto all'assessore Mauro Febbo e sottolinea come il 2010 segna sì mobilità passiva per 167 milioni, con esodo concentrato verso Marche, Lazio ed Emilia Romagna, ma in compenso il credito abruzzese per la mobilità attiva si attesta a 100 milioni.

Dati annuali che Chiodi legge in trend di sostanziale stabilizzazione rispetto al 2009 e paragona al 2007, anno di confine tra andamento costante ed esplosione del fenomeno.

Se, infatti, tra il 2001 e il 2007 la mobilità passiva sale da circa 100 milioni di euro a 134, da qui in avanti esplode fino a 167 milioni, con un salto più corto nell'ultimo anno. Nello stesso arco di tempo la perdita di appeal si riflette sui dati di chi viene a curarsi da noi, con una mobilità attiva che scende fino al 2009 e si rialza solo nel 2010, anno in cui Chiodi diventa commissario ad acta.

«Il 2007», dice il commissario ad acta della sanità abruzzese, «è l'anno dell'ingresso dell'Abruzzo, regione canaglia, nel piano di rientro a causa del suo default, colpo durissimo non solo alla credibilità del sistema politico abruzzese, ma, anche e soprattutto, alla reputazione della nostra sanità, dei nostri ospedali, i cui effetti sono ancora oggi imponderabili, se si pensa che, pur avendo in Abruzzo le due migliori cardiochirurgie in Italia, Chieti e Teramo, i cittadini di queste due stesse città preferiscono rivolgersi altrove».

Chiodi non si spiega perché gli abruzzesi emigrino pur avendo eccellenze in casa, anche se, poi, ammette: «Se parliamo di regione canaglia, di liste d'attesa interminabili, di mobilità passiva, è ovvio che la fiducia del cittadino crolla».

Per leggere fino in fondo il contesto sanitario abruzzese, suggerisce anche di considerare che nel 2007 a un saldo negativo di mobilità pari a circa 8 milioni, corrispondeva una perdita complessiva del sistema sanitario regionale, monitorata dal tavolo ministeriale, di 335 milioni di euro.

«Oggi invece», continua Chiodi, «il saldo negativo di 67 milioni lo reggiamo bene, visto l'avanzo di un milione e 361 mila, e questa virata importante tornerà anche in termini di mobilità».

Per combattere il fenomeno, il presidente indica due strade fondamentali: «Migliorare la reputazione del nostro sistema sanitario, a iniziare dagli ospedali, e capire meglio il perché di questi flussi, per individuare le carenze e magari innestare una sinergia efficace con il sistema di cura privato».

La prima fotografia del fenomeno, comunque, dà già qualche risposta.

«Gli abruzzesi», afferma Chiodi, «si muovono essenzialmente per interventi di bassissima complessità. Basti pensare che 1618 pazienti, di cui 969 provenienti dalla Asl di Teramo, nel 2010 sono andati fuori regione per sottoporsi ad interventi al cristallino, e 1503 a chemioterapia, le cui procedure di cura rispondono ad un protocollo che è identico in tutta Italia».

Flussi da monitorare anche su base geografica. Allora emerge che nella Asl di Teramo, maglia nera in mobilità, l'esodo parte soprattutto dai comuni costieri di confine con le Marche.

«Può essere», conclude Chiodi, «che il blocco del turn over, disposto dal piano di rientro, abbia potuto depauperare l'ospedale di Sant'Omero, un punto di riferimento per quei cittadini. Ora le cose vanno meglio. Grazie ad una convenzione con l'università di L'Aquila e la copertura della pianta organica, nei primi sei mesi l'ospedale è passato da zero interventi chirurgici a 587».

© RIPRODUZIONE RISERVATA