Cliniche, budget fisso per 3 anni

Chiodi: tetto a 140 milioni, basta barricate serve collaborazione

PESCARA. La Regione fissa i tetti di spesa per la sanità privata, cioè il budget da destinare a cliniche, laboratori e istituti di riabilitazione convenzionati. Li fissa uguali a quelli dell'anno scorso - 140 milioni di euro - e per tre anni (2011-2013) nel corso di una trattativa che appare in discesa eccetto che in un punto: il nodo della mobilità passiva (salita a 60 milioni di euro) i cui tagli per i ricoveri di pazienti di altre regioni non vengono digeriti.

Il governatore ha scelto di rendere pubblici con una lettera i contenuti della trattativa che troverà probabilmente epilogo con la firma da parte degli operatori della sanità privata anche sui contratti per la fornitura dei servizi. Chiodi spiega anche il perché di questa scelta: invitare le cliniche a siglare una sorta di patto sulla sanità regionale. «Si tratta», scrive, «in definitiva, di capire che cosa devono fare gli ospedali pubblici e cosa i privati, per spendere al meglio le risorse a disposizione e ridurre le duplicazioni, le ripetizioni, gli sprechi».

I tetti di spesa sono il modo con cui la Regione stabilisce quanto può spendere per acquistare dai privati le prestazioni che non produce direttamente. Nel 2008 e 2009 ammontavano ad oltre 160 milioni, nella maggior parte dei casi sono risultati non sottoscritti dagli erogatori perché ritenuti insufficienti. Nel 2010 i tetti sono stati fissati a 140 milioni di euro «non per punitiva volontà di tagliare ma solo nell'intento di garantire qualità delle prestazioni e risposte ai fabbisogni dei cittadini».

Il nuovo plafond è stato determinato sulla base del fatturato 2008 (il 2009 per effetto del terremoto, rappresentava un dato alterato). La differenza tra mobilità passiva e attiva è peggiorata nel 2009 e nel 2010, tanto da ammontare ad oggi a circa 60 milioni di euro. «Le cause della mobilità», sostiene il governatore, «non sono solo e sempre legate alla inefficienza delle nostre strutture: è un dato di fatto che i primi consigli sul cosa fare arrivano sovente dai medici di famiglia, che indirizzano i pazienti fuori regione. Qualche volta è accertato che alcuni di costoro, pur operanti nelle nostre strutture private, hanno contratti anche con case di cura nelle Marche verso le quali inducono alla mobilità».

Chiodi rileva poi come la Regione Marche, non essendo in deficit, non sia obbligata a porre un tetto all'assistenza dei cittadini che provengono dall'Abruzzo, facendo saltare i possibili accordi di confine (un tetto ai riceveri esterni).

«Siamo entrati nella fase che prevede di ottimizzare le risorse, anche attraverso l'integrazione e la cooperazione tra pubblico e privato», è il messaggio che lancia Chiodi, «per questo è incomprensibile che sulla definizione dei tetti di spesa si facciano ancora barricate». (a.mo.)

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