D’Amico: «Sconti per i bus, più sanità e tasse al ribasso»

18 Dicembre 2025

Il consigliere regionale del Patto per l’Abruzzo elenca le priorità in questa intervista al Centro: «La destra fa propaganda»

PESCARA. «In Abruzzo siamo fermi a una logica dell’Ottocento». Luciano D’Amico, consigliere regionale di opposizione con il Patto per l’Abruzzo, parte dal biglietto unico per i bus, passa per gli ospedali e arriva fino al lavoro: «Il potere d’acquisto è basso perché stipendi bassi e tasse alte pesano sulle famiglie. La destra esibisce il saldo positivo tra assunzioni e cessazioni nel settore privato nel 2024, ma tace su dati allarmanti».

Professore, ha saputo che in Spagna hanno copiato la sua proposta di biglietto unico per gli autobus?

«In Spagna si vive una stagione di riforme che mettono al centro la persona e, nello spirito del XXI secolo, cerca di soddisfarne i nuovi bisogni garantendo nuovi diritti, fra cui il diritto alla mobilità. In Abruzzo, invece, siamo fermi a una logica dell’Ottocento, secondo cui anche in riferimento ai servizi essenziali si ribalta il costo sui cittadini con criteri ragionieristici che non tengono dell’accessibilità fisica ed economica, della non discriminazione “territoriale”, dalla natura universalistica dei servizi di interesse generale. E coerentemente con questa vetusta e superata visione ottocentesca, la giunta regionale di centrodestra aumenta i costi di biglietti e abbonamenti del trasporto pubblico fino al 20%».

E invece?

«Con la proposta del trasporto pubblico gratuito prima, e successivamente di Abru – il biglietto regionale unico a 1,40 euro valido su tutte le tratte, su tutti i mezzi, sia su ferro che su gomma, e su tutti i concessionari del servizio – vogliamo rimettere al centro le reali necessità dei cittadini e colmare disparità di trattamento oggi incomprensibili: ad esempio, se il costo dell’energia elettrica è lo stesso a Pietracamela o a Schiavi d’Abruzzo e a Pescara centrale, nonostante l’allaccio alla rete di distribuzione e il trasporto dell’energia sia molto più oneroso nei piccoli paesi di montagna, perché poi l’abruzzese residente a Pietracamela o a Schiavi d’Abruzzo deve pagare un biglietto a tariffa chilometrica per recarsi, magari, all’ospedale di Pescara, molto più caro di quello che pagherebbe un pescarese per recarsi nello stesso luogo di cura? Al disagio del viaggio aggiungiamo anche quello del costo elevato del biglietto? Non è così che si tutelano le aree interne, che si sviluppa il turismo e, soprattutto, che si garantiscono altri diritti tutelati dalla nostra Costituzione, quali il diritto alla salute (spesso, soprattutto in Abruzzo, per curarsi bisogna spostarsi), allo studio (gli studenti fuorisede?), al lavoro (i pendolari?)».

Però quasi nessuno è profeta in patria, questo lo sa?

«Ma in realtà la proposta è stata accolta molto bene dai territori e dai cittadini a cui l’abbiamo presentata. È la destra abruzzese che non la recepisce, ma ormai è evidente a tutti che chi siede sui banchi della maggioranza della Regione è molto lontano dall’Abruzzo reale e dalla quotidianità che i cittadini e le cittadine vivono ogni giorno. La presenteremo formalmente con un testo di legge che dovranno approvare o respingere».

Ma se si è fatto in Spagna, allora si potrebbe fare anche in Abruzzo?

«Ricorderemo ancora una volta ai colleghi di maggioranza che il trasporto pubblico locale già viene finanziato ampiamente con risorse pubbliche, tanto che nel bilancio di previsione 2026 da loro predisposto vengono stanziati 201 milioni di euro mentre i ricavi da bigliettazione – che rendono iniquo il sistema – per Tua (che svolge circa il 70% del tpl regionale) ammontano a poco più di 20 milioni di euro dopo il rincaro del 20%: è possibile che non si riescano a trovare 10 milioni per Abru e si continui a finanziare festival ed esibizioni musicali? È più importante consentire a uno studente di andare a studiare, a un malato di andare a curarsi e a un lavoratore di andare a lavorare sostenendo costi di trasporto ragionevoli o cantare “Vola vola” sulla spiaggia? Certo che si può fare anche in Abruzzo: la misura è sostenibile. Abbiamo proposto un modello funzionale dal punto di vista economico, che si traduce in un regime tariffario ragionevole per gli utenti, di grande sostenibilità sociale che assume concretezza nella promozione del benessere e della coesione, di rilevante tutela ambientale, che comporta una riduzione del traffico privato e quindi dell’impatto inquinante collegato alle emissioni di gas serra climalteranti».

Una cosa che potrebbe essere utile per i cittadini perché non si fa?

«Per lo stesso motivo per cui non si fanno tante altre cose: accade spesso che invece che lavorare sulla soluzione dei problemi dei cittadini in una prospettiva regionale, ci si concentri sulla cura del proprio collegio elettorale provinciale; tutto ciò unitamente a una certa “pigrizia” del centrodestra conduce a una situazione di stallo su tutti i fronti: si pensi solo alla sanità, che in Abruzzo assorbe ben 3 miliardi di euro l’anno e che dopo 7 anni di governo di centrodestra è ridotta allo stremo; perché non si lavora su una radicale trasformazione del Sistema sanitario regionale? Sono ancora necessarie 4 Asl? E quando specializzeremo gli ospedali? Quaranta case della salute e 11 ospedali di comunità dovrebbero essere realizzati entro il 31 marzo 2026 con i finanziamenti Pnrr: perché non spendere e restituire risorse disponibili e poi mettere le mani nelle tasche degli abruzzesi?».

Il 29 dicembre è convocato il consiglio regionale per la discussione del bilancio dell’Abruzzo, è preoccupato oppure vede uno spiraglio di luce?

«La propaganda ha un costo, e la destra lo ha dimostrato. Le casse della Regione sono state compromesse da quasi sette anni di scelte prive di visione, interventi qualunquisti, mance e finanziamenti a pioggia senza una gerarchia di priorità. Queste politiche hanno indebolito il sistema economico regionale e oggi i cittadini ne pagano il prezzo: tasse più alte, servizi ridotti e un potere d’acquisto sempre più fragile. Governare significa programmare, non disperdere risorse. Senza una strategia, ogni euro speso diventa un costo per la collettività, non un investimento per il futuro. Una volta esauriti gli effetti del Pnrr, la più poderosa manovra espansiva nella storia della Repubblica, cosa sarà dell’economia nazionale e dell’economia regionale?».

E allora, secondo lei, quali dovrebbero essere le tre priorità per l’Abruzzo del 2026?

«Serve un intervento concreto sulla sanità. Occorre tornare a considerare il sistema sanitario come un servizio per la tutela e la cura della persona. Deve essere una macchina regionale, non frammentata in logiche provinciali, capace di garantire cure tempestive nelle emergenze a tutti e ovunque e, al tempo stesso, specializzare le strutture per rispondere alle cronicità. Non è un caso che negli anni di governo della destra la mobilità passiva verso altre regioni sia triplicata. Le persone non si fidano del modello sanitario proposto dall’attuale giunta, nonostante in Abruzzo operino professionisti di altissimo livello e equipe straordinarie. Eppure, i cittadini scelgono di curarsi altrove. Il trasporto pubblico deve essere una priorità: non si tratta di una semplice “passeggiata in autobus”, garantire un trasporto di qualità è la premessa per l’esercizio di diritti fondamentali: lavoro, istruzione, salute. Senza collegamenti efficienti verso luoghi di lavoro, scuole, università, presidi sanitari, limitiamo i diritti delle persone. Per questo è essenziale che la Regione Abruzzo, competente sul trasporto pubblico locale, offra soluzioni come Abru e investa nelle infrastrutture».

E la terza?

«Il lavoro è il terzo nodo cruciale: il potere d’acquisto è basso perché stipendi bassi e tasse alte pesano sulle famiglie. La destra esibisce il saldo positivo tra assunzioni e cessazioni nel settore privato nel 2024, ma tace su dati allarmanti: in Abruzzo l’80% dei nuovi contratti è precario, il salario medio è sotto la media nazionale e la disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Ogni anno oltre 4.000 giovani lasciano la regione. Continuare a sciorinare numeri solo apparentemente entusiastici, sapendo che non riflettono la realtà, è una strategia comunicativa poco rispettosa di ciò che gli abruzzesi vivono ogni giorno. Ci aspettiamo un governo che non dia i numeri, ma che li faccia quadrare».

Le è piaciuto il Defr (Documento economico finanziario regionale) dell’amministrazione Marsilio?

«Un’occasione mancata, l’ennesima: è distante dalla realtà quotidiana di cittadini e cittadine che affrontano problemi concreti, mentre la maggioranza continua a ignorarli. Questo documento non indica strategie, non offre soluzioni, non costruisce futuro. Si limita a una noiosa narrazione che non corrisponde ai dati reali, trasformando il Defr nell’ennesimo strumento di propaganda, anziché in un piano di interventi concreti per lo sviluppo dei territori».

In aula, l’assessore al Bilancio Mario Quaglieri di Fratelli d’Italia ha detto che l’opposizione sembra “Amici miei atto terzo”: lo vede come un complimento oppure un’offesa?

«Lo vedo come l’ennesimo tentativo di distrarre gli interlocutori. Quando si discute di qualcosa che non si conosce o nel quale non si è in grado di entrare nel merito spesso si tenta di deconcentrare con battute, offese o chiacchiere da bar. Insomma una “supercazzola”».

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