De Laurentiis e il cattivismo mediatico, l’editoriale del direttore

6 Giugno 2025

Il presidente mi sembrava il protagonista di un film del filone “Vacanze a Roccaraso”, uno dei suoi attori-mattatori prediletti, uno di quelli che hanno trasformato il cinepanettone in un genere letterario

NAPOLI. Cosa gli sarà mai accaduto in quei due minuti di monologo? Mercoledì, mentre era intervistato dal nostro Daniele Cristofani, Aurelio De Laurentiis mi sembrava il protagonista di un film del filone Vacanze a Roccaraso, uno dei suoi attori-mattatori prediletti, uno di quelli che hanno trasformato il cinepanettone in un genere letterario.

Il calcio in Italia è sempre una metafora di qualcosa, ma anche un formidabile termometro degli stati d’animo collettivi. C’è voglia di spettacolo e di duelli rusticani nell’aria, c’è voglia di rutti omerici o di sangue che scorre. Anche per questo il video con cui il presidente De Laurentiis prova (inutilmente) a maramaldeggiare con il nostro Daniele, ieri, ha fatto il giro del web, raccolto migliaia di visualizzazioni, ci ha fatto sommergere sotto una pioggia di messaggi di ogni tipo, dalle manifestazioni di solidarietà alle minacce.

Inutile dire che il nostro collega, messo alla prova, è stato impeccabile: incalzato mentre faceva un’intervista, si è comportato come un Lord inglese, e giustamente non ha raccolto nessuna provocazione (quest’anno è successo anche con altri, dei nostri giornalisti, nulla ci ha mai turbato). Il giornalismo “delle buone notizie” descritto da De Laurentiis, non è quello italiano, fatto di maestri caustici come Indro Montanelli o Giampaolo Pansa, ma semmai quello corifeo che si pratica in Corea del Nord.

Tuttavia qui voglio dire una cosa controtendenza su questo episodio: né Daniele né questo giornale si sentono vittime di una prevaricazione, o credono che questa boutade possa diventare materia per appelli o anatemi. Chi come me conosce da anni De Laurentis, sa bene che è un uomo molto diverso da quello che nel video si toccava il pacco e sfoderava un turpiloquio da Curva. È un presidente colto, spiritoso, che però talvolta esibisce un vistoso tallone d’Achille: proprio come un mattatore alla Gassman o alla Tognazzi ama recitare “il ruolo dell’antipatico”, gli piace scriversi un copione sapido, furoreggiare interpretando la maschera eterna della simpatica canaglia. Gli piace da morire, lo so. Ma lui è un ereditiere di talento, non certo un Lazzaro da basso.

Il quarto scudetto del Napoli gli ha tranciato alcuni freni inibitori, probabilmente inconsci, e gli ha fatto dimenticare la grazia di Stato presidenziale (proprio a lui, che a Roma abita attaccato al Quirinale). In questo scenario il grande produttore che vuole apparire meglio del primattore, diventa come il primo della classe che pensa di essere meglio del suo professore. È verosimile sempre, ma non è vero mai.

Quindi, mentre De Laurentiis si esibiva nella sua paternale, malgrado quello che apparentemente diceva, non ce l’aveva né con il nostro mitico Centro, né con la nostra fantastica Rete8, né con tutti i giornalisti italiani. Era come un istrione da commedia all’Italiana che cerca un appiglio per trasformare uno stato d’animo in un trattato di critica sociale, per strappare un applauso a una platea che sente fredda.

Il “giovane” Cristofani gli ha fatto una domanda dovuta sulle amichevoli («Con chi giocherà in Abruzzo il Napoli?»), e una volta provocato dal presidente del Napoli (che a quanto pare non voleva la domanda perché non vuole giocare con il Pescara) gli ha risposto con una semplicità disarmante, riassumendo in due parole quello che altri avrebbero detto in un trattato: «Il nostro lavoro è dare le notizie, belle o brutte che siano».

Purtroppo ribadire una ovvietà appartenente banale, oggi, non è più un fatto scontato: sia molti politici che molti protagonisti dello sport si sono convinti che il loro sia diventato un lavoro che non ha bisogno di intermediazione, e che il giornalista ormai sia o un reggi-microfono o un follower che deve assecondare il principe, silente, o essere cazziato. Ebbene, credo che la risposta di Daniele azzeri tutto con una semplicità disarmante. Con la stessa semplicità, per noi l’incidente è chiuso, come se non fosse mai accaduto.

Nulla mi potrebbe impedire di scrivere quello che avevo già deciso di scrivere: e cioè De Laurentiis ha avuto ragione sui suoi critici calcistici e che a inizio anno era contestato violentemente da molti che oggi gli chiedono l’autografo prostrati, o lo raccontano muti, senza più fargli domande. Non c’è dubbio invece che De Laurentiis abbia vinto lo scudetto andando controcorrente, pianificando le mosse, avendo il coraggio di vendere qualche mostro sacro, azzeccando il casting di tutti gli eroi scudettati persino nel difficilissimo mercato autunnale. Anche l’Abruzzo, puntando su questo Napoli, un anno fa, con il suo accordo di sponsorizzazione, ha vinto una scommessa.

A tutti coloro che considerano quell’accordo di promozione troppo oneroso, adesso proverei a chiedere: ma se Marco Marsilio in questa stagione avesse dovuto pianificare una campagna in cui la sua regione sia citata ogni giorno dai media nazionali come ambita meta turistica, quanto gli sarebbe costato? Vi dico quello che mi pare evidente: costerebbe molto di più di quello che è stato pagato per il contratto con il Napoli. Ho persino il dubbio – sarebbe una beffa geniale – che questo De Laurentiis lo sappia così bene, da aver improvvisato il monologo spaccone con l’inviato de il Centro, ben sapendo che sarebbe diventato uno spot virale gratuito della sua operazione di co-branding con la Regione.

Detto questo - ed ecco lo spirito dei tempi - a Gaza i giornalisti si ritrovano le porte sbarrate o qualcuno che gli spara, a Washington vengono insultati da Donald Trump. A Budapest e in Turchia, in Russia e in Ucraina li si mette in carcere. Non è uno scherzo. Quindi siccome siamo molto contenti del quarto meritatissimo scudetto al Napoli, ci farebbe piacere che il Presidente Aurelio facesse delle scuse (anche personali e discrete) al nostro redattore inviato Daniele: scelga lui se mandare un mazzo di rose, una scatola di cioccolatini o un abbonamento alla prossima stagione del Napoli.

A noi nella filmografia delaurentiisiana sono sempre piaciute di più le meravigliose commedie morali alla Carlo Verdone e alla Massimo Troisi, che le sbracate commedie supercafone con Christian De Sica e Massimo Boldi. Ciascuno si sceglie lo stile che preferisce.

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