Di Marco: restituiamo le deleghe ai prefetti

Il coordinatore della protesta dei piccoli Comuni abruzzesi: sospesi stato civile e anagrafe

PESCARA.«Ho comunicato al prefetto Vincenzo D'Antuono che, giovedì prossimo, riconsegnerò la delega per i servizi di anagrafe e stato civile del Comune di Abbateggio di cui sono sindaco. Lo stesso faranno i sindaci degli altri 105 Comuni abruzzesi con meno di mille abitanti che la manovra finanziaria del governo intende sopprimere e accorpare fra di loro».

Antonio Di Marco, 41 anni, sindaco pd di Abbateggio in provincia di Pescara, al suo secondo mandato, è il coordinatore della protesta dei 106 piccoli Comuni abruzzesi contro l'articolo 16 della manovra in corso di approvazione in Parlamento.
In questa veste ha organizzato, il 3 settembre scorso a Pescara, una manifestazione regionale dei primi cittadini dei borghi minacciati di scomparsa da quella norma della legge in corso di approvazione in Parlamento. La restituzione delle deleghe di stato civile e anagrafe è solo il primo passo della protesta.

«Il prossimo», dice Di Marco «saranno le dimissioni in massa dei sindaci dei piccoli Comuni».

Perché resituite proprio quelle due deleghe?
«Perché sono i servizi più delicati nei piccoli Comuni. Pensate agli atti di nascita e di morte, ai certificati di matrimonio. Senza contare che, in questo periodo, si stanno avviando le procedure per il censimento nazionale».

La manifestazione di protesta del 3 settembre a Pescara ha sortito effetti?
«Attraverso i prefetti avevamo inoltrato le nostre richeste al presidnete della Repubblica e al presidente del Consiglio, ma non abbiamo ricevuto risposte finora».

I parlamentari abruzzesi a cui vi eravate rivolti hanno risposto al vostro appello?
«No, a parte il senatore Legnini, nessuno si è fatto vivo con noi».

Perché secondo lei?
«Secondo noi, su questa materia c'è una sorta di intesa bipartisan fra centrodestra e centrosinistra. In una fase come quella attuale, di forte difficoltà economica e finanziaria, fa presa sul cittadino medio il progetto di sopprimere enti locali che apparentemente sono spreconi».

Non lo sono?
«Da una ricerca dell'Anci (Associazione nazionale dei comuni d'Italia ndr) si evince che l'attività ordinaria di tutti i Comuni costa alle casse dello Stato appena 4 miliardi di euro all'anno. La nostra protesta è indirizzata anche contro il mancato taglio di altri costi davvero pesanti della politica, come quello relativo al numero di parlamentari. Noi volevamo un progetto di legge organico che riguardasse tutti gli enti locali. Invece ci siamo ritrovati con questo tsunami che è stato deciso prescindendo dalla nostra opinione».

Durante la sospensione dei servizi di anagrafe e stato civile che cosa faranno gli impiegati che se ne occupano?
«Li faremo lavorare in altri settori dell'amministrazione».

Fino a quando andrà avanti la protesta?
«Intanto, arriviamo alla data del voto definitivo in Parlamento. Se il testo della legge resterà immutato, ci dimetteremo tutti».

C'è una modifica del testo della legge che potrebbe indurvi a non farlo?
«Se invece di abolire consigli comunali e giunte, si arrivasse a una riduzione dei loro componenti si può ragionare. Inoltre, vorremmo incentivi economici a quei piccoli Comuni che decidessero di lavorare in sinergia con altri piccoli Comuni. Infine, vorremmo una difesa senza dubbi delle autonomie locali. Dobbiamo sapere se ci considerano utili all'Italia o no. Noi pensiamo di esserlo».

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