Diaconale, un giornalista alla guida del Parco

«Ho forti radici abruzzesi. Il Gran Sasso-Laga è sconosciuto, lo valorizzerò».

TERAMO. Da ieri mattina è ufficiale: il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha firmato il decreto di nomina di Arturo Diaconale a commissario straordinario del Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga. Un giornalista romano caro a Berlusconi, dunque, guiderà provvisoriamente una delle aree protette più grandi d’Italia, e lui per primo sa che la sua designazione scatenerà (anzi, ha già scatenato) malumori e polemiche. I ben informati, peraltro, lo danno commissario solo di passaggio: sarà lui, pare certo, il futuro presidente del Gran Sasso-Laga.

Se sul commissario la competenza è solo del ministro, la nomina del presidente di un Parco presuppone il parere vincolante della Regione. E l’ok di Chiodi a Diaconale già ci sarebbe. Il premier in persona, del resto, ha imposto il giornalista al centrodestra abruzzese. E Chiodi non può far altro che pagare la prima cambiale a Berlusconi, che lo ha voluto presidente e gli ha dato ampia autonomia decisionale sulla giunta.

Per ora, però, Diaconale è “solo” il commissario del Parco. Raggiunto dal Centro nella redazione dell’Opinione, il giornale che dirige, non vuole commentare le ragioni della sua nomina («Non è ancora ufficiale», dice) ma tiene a rimarcare, eccome, le sue origini abruzzesi. Nato a Montorio 63 anni fa, tre figli da due mogli, Diaconale dice che la sua famiglia «è montoriese dal Duecento, e mia madre era una Cancrini». Famiglia, i Cancrini, di professionisti (soprattutto medici) molto noti a Teramo e dintorni.
 
«Siamo andati a Roma quando ero piccolo», continua Diaconale, «ma a Montorio ho tenuto la casa di famiglia, che ho fatto restaurare, e ho ricomprato parte di quella che gli zii avevano venduto. Ci torno spesso, ho tanti amici lì. Al legame con l’Abruzzo ci tengo, il mio blog si chiama Orsodipietra».

Quando si affronta il discorso delle competenze, ovvero del perché un giornalista romano debba essere catapultato a dirigere un Parco nazionale, Diaconale puntualizza: «Roma è totalmente ignara di questo Parco ed è il suo bacino d’utenza naturale. Come giornalista e come romano, credo di poter dare una mano a promuoverlo. In piccolo l’ho già fatto: l’associazione che ogni anno organizza La Vetrina del Parco a Montorio mi ha chiesto dei consigli sulla comunicazione».

Diaconale, insomma, non si sente un “Ufo”. «Il mio nome ha un qualche radicamento», dice, «parlare di Ufo non ha senso, fa parte di una mentalità chiusa che tende a serrare piuttosto che ad aprire. E l’Abruzzo si deve aprire. Repubblica ironizza sulla mia improvvisa passione ecologista? Non ci vuole la tessera per essere ecologisti, e poi io da più di un anno sostengo un’associazione ambientalista di stampo liberale che si chiama Fare Ambiente e propugna un ambientalismo non solo della conservazione».
 Ecco, dunque, un’indicazione su come si muoverà Diaconale tra le montagne abruzzesi. «Si è chiusa la fase dell’ambientalismo solo del no», spiega, «se ne apre un’altra che sa anche dire sì. Non bisogna eccedere nel senso opposto, ma il Parco non può essere chiuso: altrimenti muore».

Si sente pronto? «Vedremo. Posso dire di essere molto amico di Fulco e Carlo Alberto Pratesi, che mi daranno volentieri buoni consigli e indicazioni».

E le polemiche che provocherà questa nomina? Nel centrodestra abruzzese in tanti volevano quella poltrona... «È ovvio che sia così», replica Diaconale, «ma io dico che questa nomina, pur scontentando tutti, non scontenta nessuno. Un’altra nomina avrebbe urtato qualche partito, io non sono di alcun partito. Un deputato Pd parla di scandalo? Se ne farà una ragione. Mi ha telefonato il sindaco di Montorio, che è del Pd e con cui ho rapporti affettuosissimi. La politica non è tutto».