E Freud ritrovò il figlio a Teramo nel manicomio

Il poeta teramano, Tonino Di Natale, scopre che uno dei figli del padre della psicanalisi fu curato nell'ospedale di Teramo, dove arrivò nel 1918, con grande angoscia del padre

TERAMO. Uno dei figli di Sigmund Freud, alla fine della Grande Guerra, fu curato nell’ospedale di Teramo, dove arrivò nel novembre 1918 dopo «peripezie assolutamente incredibili», e dopo un lungo periodo di silenzio che aveva procurato profonda angoscia al padre. La rivelazione arriva da un poeta teramano, già docente Isef, Tonino Di Natale, che anni fa, nel corso di sue ricerche nella biblioteca Dèlfico di Teramo, s’imbattè in una pubblicazione della casa editrice Boringhieri.

Il volume è dedicato agli epistolari di Freud: le lettere alla fidanzata, la corrispondenza con lo specialista berlinese Wilhelm Fliess, e il carteggio con il pastore protestante zurighese Oskar Pfister, durato trent’anni, fino al 1938.

In una lettera datata Vienna, 2 gennaio 1919, Freud scrive all’amico Pfister della sua pena per eventi che lo avevano colpito «con particolare durezza». Il padre della psicoanalisi si riferisce all’incertezza sul destino del figlio maggiore, di cui non aveva avuto a lungo notizie, come era successo a molti altri reduci alla fine della guerra.

Finché non viene a sapere che il giovane si trova ricoverato a Teramo: «Mio figlio Ernst era partito per Monaco, dove avrebbe portato a termine i suoi studi, mio figlio Oliver un bel giorno, all’inizio del crollo, fu rimandato a casa dagli ungheresi, senza aver subito spoliazioni. Il figlio maggiore però non arrivava e non scriveva (...) Finalmente il 21 novembre arrivò una sua cartolina (...) Soltanto quattro settimane dopo venimmo a sapere che dopo “peripezie assolutamente incredibili” era caduto ammalato e febbricitante, e che al momento (ossia allora, a fine novembre) era ben curato in un convalescenziario a Teramo (Abruzzi)».

Freud ebbe dalla moglie Martha sei figli, tre maschi e tre femmine. Tra essi vengono ricordati Anna, l’ultima nata, che diverrà psicoanalista, ed Ernst, futuro architetto e padre del pittore Lucien Freud. E’ da escludere che il figlio curato a Teramo fosse Ernst, poiché Freud parla nella lettera del «figlio maggiore» ed Ernst era il quartogenito mentre Oliver era il secondogenito. Ernst, Oliver e il fratello Martin allo scoppio della Prima Guerra mondiale si erano arruolati nell’esercito. Alla fine del conflitto, come si evince dalla lettera di Freud, il ritorno a casa fu diverso.

Oliver finì in cura nell’ospedale di Teramo, non si sa (e lo stesso Freud se lo chiede nella lettera) se per una ferita di guerra o una malattia.

Tonino Di Natale citò in un suo librino di aforismi del 1996, «Parole di luce messe a nudo» (Edigrafital), il riferimento a Teramo contenuto nella lettera di Freud a Pfister.

E la cosa finì lì, inosservata. Due sere fa, nel corso di una lettura poetica organizzata dall’associazione culturale La Luna, Di Natale ha riannodato il filo con quella sua vecchia scoperta. Il «convalescenziario» di Teramo era probabilmente l’ospedale Sant’Antonio Abate, istituito dal capitolo aprutino della cattedrale teramana già in epoca medioevale. Dalla stessa struttura sorse nel 1881 il manicomio, poi ospedale psichiatrico, dal 1924 diretto da Marco Levi Bianchini, primo traduttore e divulgatore in Italia dell’opera di Sigmund Freud.

Vicende che sembrano un gioco del caso, che per pochi anni non ha fatto incrociare la strada del figlio di Freud e quella del fondatore della Società psicoanalitica italiana (paternità contestata dal collega triestino Edoardo Weiss).

Un altro pezzo di storia si aggiunge dunque al passato dell’enorme complesso, da anni in abbandono, di proprietà della Asl teramana, appena pochi giorni fa stimato dall’Agenzia del territorio per un valore di 16 milioni di euro.