Esportazioni, l’Abruzzo a -38%

Gli autoveicoli a -57%. Mauro: paghiamo la vocazione manifatturiera.

PESCARA. L’export delle imprese abruzzesi precipita al -38,5% nel primo semestre del 2009, una percentuale molto più alta della media nazionale che si assesta al -24.2%. In termini di valore, secondo i dati diffusi dall’Istat, le imprese abruzzesi hanno esportato merci per poco più di 2 miliardi e mezzo di euro contro i 4 miliardi dello stesso periodo del 2008. Il settore che soffre di più è quello degli autoveicoli a -62,9% (in generale i mezzi di trasporto registrano un -57,6), seguito dai prodotti minerari e di cava (-57%), dalle attività manifatutriere (-38,6%). Curiosamente l’unico settore che registra una forte crescita dell’export (+48,2%, con un aumento delle quote nazionali di mercato da un modesto 0,4% al più robusto 1,1%) è quello legato ai “prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento”, un segnale nuovo per quanto riguarda la domanda estera.

«Sono tre le ragioni del calo dell’export», spiega l’economista Giuseppe Mauro, «la tradizionale apertura verso l’esterno della Regione; la forte vocazione manifatturiera; e il ruolo rilevante che nell’ambito dell’export svolgono i mezzi di trasporto. Questi tre aspetti contribuiscono al fatto che l’Abruzzo abbia un calo molto più sostenuto rispetto ad altre regioni. Nella sostanza», conclude Mauro, «la nostra economia negli ultimi 10 anni era stata trainata dai flussi di interscambio con l’estero, sopratutto da parte di imprese capaci di nuoversi a livello competitivo globale. E ora sono queste quelle che hanno maggiori difficoltà». Lo conferma anche il presidente di Confindustria Chieti Silvio Di Lorenzo, che sottoscriverebbe volentieri un calo del 38% regionale se fosse spalmato in misura eguale su tutti i settori, mentre i dati registrano cali superiori al 50% nelle imprese leader della Val di Sangro come Sevel e Honda, con la sola Denso che resiste.

Secondo Roberto Campo, segretario regionale della Uil «non meraviglia il forte calo dell’export indotto dalla crisi, ma preoccupa il fatto che l’Abruzzo la stia soffrendo di più delle maggiori regioni industrializzate». A ciò, ricorda Campo, si aggiungono i dati della cassa integrazione, che vedono la regione al primo posto per numero di ore di cassa in rapporto all’occupazione. «La crisi non è finita», sottolionea il segretario della Uil, «ma soprattutto l’Abruzzo si porta dietro problemi strutturali che continueranno a condizionarlo negativamente anche quando la crisi finirà». Il sindacato insiste quindi «affinché la Giunta Regionale cominci ad affrontare i nodi delle riforme interne, a cominciare da quella della sanità» e invita il governo regionale a lavorare sui fondi strutturali e sul Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas).