Fara, crolla la Maiella

Ostruite le Gole, fermi i lavori dell’antica abbazia.

FARA SAN MARTINO. Crolla una parete della Maiella nelle Gole di San Martino. Uno sperone della montagna è venuto giù chiudendo l’ingresso allo storico canalone. Enormi massi calcarei si sono staccati dalla ex cava utilizzata per costruire il porto di Ortona. Il Comune ha subito vietato ogni attività, la Protezione civile è stata allertata, interrotto anche il cantiere dell’antica abbazia.

Il fragore della frana è stata avvertita qualche sera fa dalle abitazioni prospicienti la famosa Valle di Fara; la mattina successiva il sentiero di accesso alla Maiella appariva sepolto dai massi che si sono staccati dalla parete superstite della cava del dopoguerra. Nel posto del crollo si svolgeva il presepe vivente. Inoltre durante le feste patronali di fine agosto vi si sparano i fuochi d’artificio e d’estate è metà di gitanti.

La Protezione civile ha avviato azioni di monitoraggio che dovranno culminare nella messa in sicurezza dell’intera zona. Il tecnico del Comune, Enrico Del Pizzo, stima in più di mille metri cubi l’ammontare del pietrame calcareo che rende impossibile il transito a sportivi, turisti e pastori diretti verso gli alti pascoli della Maiella. A “soffrirne” sono anche i lavori di restauro delle mura riscoperte dell’Abbazia di San Martino in Valle, interrotti per l’ennesima volta.

Le Gole di Fara sono un posto strategico e assai suggestivo per accedere alla Maiella. Anticamente si pagava il passaggio ai monaci benedettini dell’Abbazia. Si può raggiungere Monte Amaro con quasi nove ore di scarpinata, sfiorando grotte ed eremi medievali rimasti intatti, e attraversando un paesaggio di rocce, forre, ghiaioni, faggete e pino mugo che lasciano senza fiato. E’ uno dei luoghi di nidificazione delle ultime coppie di aquile.

Moreno Pinto, ex-presidente del Cai farese, dice che si tratta di un fatto atteso da tempo: «E’ un “nulla” per la vita della montagna ma è chiaro che il paese perde qualcosa di prezioso perché altri massi sospesi che rischiano di crollare quanto prima». Non è più possibile per gli sportivi arrampicarsi sulla falesia attrezzata dopo le Gole, la seconda per importanza in Abruzzo, né gli sciatori che partono (quando c’è la neve) da Campo di Giove.

«Doveva accadere ed è accaduto», dice anche un ex-sindaco degli anni ’60, Eugenio Ricciuti. Il quale racconta la storia della cava aperta nel 1948 dalla quale furono estratti i massi del molo di Ortona: «La cava venne chiusa negli anni ’50, ma ci fu un tentativo di riaprirla a metà anni ’60. Servivano le pietre della Maiella per lo zuccherificio a Chieti: come sindaco mi opposi, ma trovai un’opposizione nel paese perché così, dissero, si perdevano posti di lavoro».