I lavoratori: ora la Regione ci aiuti

Rifiutata dai creditori privilegiati la proposta di concordato preventivo

CHIETI. Una giornata cominciata con la proposta di concordato preventivo dei centri SanStefar e conclusa con l’arresto del «re delle cliniche» per bancarotta fraudolenta. Provvedimento cautelare che coglie i lavoratori in uno stato d’animo di quasi-indifferenza, in alcuni casi di sollievo, come se qualcuno si fosse deciso a scrivere l’ultimo capitolo di una storia prevedibile e in qualche modo inevitabile.

A Villa Pini, la notizia dell’arresto di Vincenzo Angelini arriva in una clinica semideserta. Nessuna presenza agli sportelli della accettazione, pochi lavoratori a presidiare le residue attività sanitarie. «Strano che il provvedimento scatti proprio ora che al tribunale fallimentare si sta cercando un modo per uscire da questo incubo» osserva uno dei dipendenti che accetta di commentare la notizia della giornata. «Speriamo solo che questo arresto non finisca per ritardare ulteriormente la soluzione dei nostri problemi, che sono e restano drammatici».

In mattinata, era stato lo stesso Angelini a presentarsi con la figlia Chiara davanti all’aula delle udienze del tribunale di Chieti per prospettare ai giudici del fallimento una proposta di concordato corredata di documentazione. Di fronte allo stesso collegio (presidente Geremia Spiniello, con i giudici Ceccarini e Valletta) che nel febbraio scorso aveva dichiarato il crac della società madre Villa Pini e l’avvio dell’esercizio provvisorio, Angelini si è impegnato a pagare tutti i lavoratori dopo aver ricordato ai giudici che vanta crediti nei confronti delle Asl, alcuni certificati da sentenze del Tar. Ha parlato di crediti per 26 milioni di euro relativamente a tutto il gruppo Villa Pini, di altri otto milioni da riscuotere verso terzi.

Argomentazioni e giustificazioni che devono essere apparse quanto meno tardive ai legali presenti all’udienza fallimentare in rappresentanza dei lavoratori. Sta di fatto che i «creditori privilegiati» assistiti dagli avvocati Di Lorenzo e Di Sabatino hanno subito rifiutato la proposta di concordato, dopo che il procuratore Pietro Mennini ha ribadito l’istanza di fallimento estesa a tutte le società del gruppo.

«Proposta rifiutata», spiega Angela Scottu (Cgil regionale sanità), «perché la proposta di concordato sembra più una promessa che un atto concreto su cui poter fare affidamento. Tutto si basa su crediti riconosciuti ma che non sono ancora disponibili».
Fumoso è apparso anche il progetto di gestione. «Da mesi, i lavoratori operano in condizioni indegne» prosegue Scottu «non è solo una questione di stipendi non pagati, il problema è che i lavoratori sono costretti ad andare avanti tra sfratti per morosità, locali ai quali spesso viene tolta l’energia elettrica. Disagi e mortificazioni di ogni genere».

Naturalmente, la decisione su cosa avverrà spetta soltanto ai giudici che da ieri sono riuniti in camera di consiglio e si riservano una decisione per i prossimi giorni. Certo è che dopo l’arresto del patron Angelini e il rifiuto secco, senza appello, già espresso dai creditori, sembra difficile pensare a ipotesi di concordato per le società satelliti del gruppo. Più facile che il tribunale segua la strada del fallimento con esercizio provvisorio già intrapresa per Villa Pini srl.

«Prendiamo atto di quel che sta accadendo», commenta il coordinatore regionale sanità privata della Cisl, Davide Farina, «ma noi restiamo soprattutto in attesa di conoscere il pronunciamento del tribunale su cinque strutture del gruppo Villa Pini, i cui dipendenti da oltre un anno non percepiscono lo stipendio».
In tutto sono circa 1600 i lavoratori che, da ben oltre un anno, attendono risposte sul loro futuro occupazionale. In seicento, con il fallimento di Villa Pini srl, hanno ottenuto la cassa integrazione in deroga. Altri 591 sono ancora in attesa di una qualche soluzione. Si tratta dei dipendenti dei centri SanStefar, La Cicala, Maristella, le case di cura Santa Maria di Avezzano e Sanatrix dell’Aquila, tutte società sulle quali pende da diverse settimane l’istanza di fallimento.

Ma è la notizia dell’arresto a tenere banco.
«Evidentemente», riprende Scottu, «da parte della procura sono stati fatti accertamenti approfonditi sui libri contabili, tali da far venire alla luce distrazioni di somme operate da queste società. Lo stato d’animo dei dipendenti è quello di chi, per anni, ha vissuto sul filo di un rapporto di lavoro sempre difficile, non con un datore di lavoro ma con un padrone vero e proprio. Di fronte a tante sofferenze, e a quest’ultima via crucis che va avanti da troppo tempo, ai lavoratori vanno riconosciuti il coraggio e la dignità.

Chiedono di essere giustamente retribuiti, ma anche di vedere apprezzata un’opera di assistenza che non è mai venuta meno, nonostante le incredibili difficoltà affrontate in questi mesi». Una richiesta che viene rivolta in queste ore soprattutto alla Regione. «Perché siamo arrivati a un punto in cui la Regione deve finalmente farsi parte attiva, con un ruolo positivo e propositivo, per garantire un futuro a questi lavoratori. Se dunque sarà fallimento o concordato preventivo», proseguono i sindacalisti, «bisognerà innanzitutto restituire subito l’accreditamento delle attività sanitarie».

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