Il dirigente della Regione Abruzzo Sabatino Belmaggio

Il dirigente: «Ma l’hotel non era incluso»

Secondo Belmaggio la zona di Rigopiano sarebbe comunque rimasta fuori dal documento di previsione pericoli

PESCARA. Dal primo febbraio Sabatino Belmaggio è dirigente del servizio Prevenzione dei rischi della protezione civile, ma dal 2010 al 2016 è stato responsabile dell’ufficio Rischio incendi, rischio industrie e Rischio valanghe della Regione. È lui che di fatto ha lavorato, in collaborazione con il Corpo forestale e il servizio Meteomont, alla realizzazione del primo lotto della Carta di localizzazione dei pericoli da valanga (Clpv), relativa ai bacini sciistici del Gran sasso. Ed è lui che su richiesta dei difensori del sindaco e del tecnico comunale di Farindola, è stato ascoltato come testimone dal sostituto procuratore Andrea Papalia titolare dell’inchiesta sul disastro colposo di Rigopiano, per spiegare perché non è stata realizzata la legge del 1992 che imponeva alla Regione di dotarsi di una carta che localizzasse i pericoli delle valanghe. E nonostante che una delibera di giunta lo chiedesse al suo ufficio nel 2014. Belmaggio accetta di rispondere al Centro, ma precisa: «Sul colloquio di ieri ( lunedì ndr) non posso dire nulla in quanto vincolato dal segreto istruttorio».
Si sente più leggero dopo l’audizione in Procura?
Gran parte delle cose che ho detto le avevo già riferite ai carabinieri forestali a fine febbraio. Mi ero rifiutato di essere ascoltato dai soli avvocati della difesa specificando che non avrei avuto problemi se tale colloquio si fosse svolto alla presenza del magistrato. Cosa avvenuta.
L’audizione è secretata, ma che cosa ci può dire della delibera di giunta del 2014 rimasta lettera morta?
Non è rimasta lettera morta. La legge che imponeva la Carta dei pericoli valanghe è la legge regionale 47 del 1992. Con la delibera di giunta 170 del 2014 si approva la prima carta storica delle valanghe 1957-2013 e si dà avvio, su proposta del Servizio prevenzione dei rischi, dopo 22 anni, alla redazione della carta di localizzazione dei pericoli da valanghe. Carta realizzata tra il 2015-2016 per i bacini sciistici del Gran Sasso, di Campo Imperatore e di Prati di Tivo in un anno e mezzo. Il 19 giugno finisce il periodo delle osservazioni e sarà ufficializzata ai Comuni.
Quindi, si era dato seguito a quella delibera del 2014?
Certo. Quella delibera è proposta da un servizio e da un ufficio. È il servizio che ha detto che c’era la Clpv da fare dopo aver finito la carta storica. Io sono tra i firmatari.
C’erano dei fondi per farlo?
Erano stati impegnati in due anni 80mila euro.
Perché attendere 22 anni?
È una domanda che non potete fare a me. Io ho iniziato a lavorarci da quando mi ci hanno messo, insieme agli incendi boschivi e agli altri adempimenti che comportava l’ufficio. Per gli anni precedenti, bisogna chiedere a chi c’era prima di me. Io ho cominciato a lavorare sul rischio valanghe nel 2010 per produrre la prima Clpv a marzo 2016. Da marzo 2016 non sono più stato in quell’ufficio. Ci sono tornato a febbraio, come dirigente.
Dopo i bacini sciistici del Gran Sasso, a chi toccava?
Si era dato seguito a un secondo lotto i cui lavori erano in itinere. Adesso li sospenderemo. La giunta ha dato disposizioni per realizzare la Clpv su tutta la regione.
E il secondo lotto che avrebbe riguardato?
Una serie di bacini sciistici. La scelta di indagare tali aree derivava dalla constatazione che in tali aree dalla carta storica risultavano importanti valanghe. E secondo l’European avalanche warning service, Eaws, i catasti storici sono un elemento imprescindibile per una corretta valutazione delle criticità valanghe in protezione civile. Il primo lotto non a caso riguarda Campo Imperatore-Vasto-Montecristo–Prati di Tivo: chi conosce il Gran Sasso conosce la pericolosità di tali aree, con sei morti per valanga dal 1988 al 2014.
Però Rigopiano nella carta storica non c’era, e la valanga ha fatto 29 morti in un giorno solo il 18 gennaio.
No, sulla carta storica non c’è alcuna valanga su Rigopiano. L’area sovrastante l’albergo era occupata da una fustaia di faggio dell’età prossima al secolo. Una valanga lascia un segno su una fustaia di faggio, una specie non a rapido accrescimento, che permane per lunghi periodi. Probabilmente, la valanga di Rigopiano ha tempi di ritorno superiori ai 100 anni. Non escluderei che sia legata a eventi sismici.
Gli esperti dicono di no.
Il 18 gennaio si sono verificate 4 scosse di magnitudo superiore al quinto grado della scala Richter. Dire che la valanga non è dipesa dal sisma perché non si è verificata in concomitanza con la scossa, vuol dire che non si tiene conto del sollecitamento provocato dalla scossa e dall’eventuale aggravio delle masse nevose. Tra il 18 e il 25 di gennaio, se non vado errato, la forestale ha censito oltre 200 valanghe in Abruzzo. La carta storica che riporta gli eventi censiti dal 1957 al 2013 ne censisce 800. In cinque giorni è cascato un quarto delle valanghe cadute in 50 anni. Non sarà un caso. E poi negli ultimi cinque anni abbiamo avuto tre emergenze neve, nel 2012, 2015 e 2017. Sono le nuove emergenze dettate dai cambiamenti climatici che sempre più spesso ci troveremo ad affrontare. (s.d.l.)