Il Pd: i ticket sanitari favoriscono i privati

Sfumano introiti per nove milioni di euro destinati dalla Regione al ripiano del debito

PESCARA. Il super ticket di dieci euro su ogni ricetta per esami e visite specialistiche, introdotto con la legge 17 luglio 2011, dal quale il governo regionale prevedeva circa 9 milioni di euro di introiti, utili a ripianare il debito della sanità, sta invece provocando l'effetto contrario perché i cittadini si rivolgono alle strutture private che non fanno pagare il sovraprezzo.

A sostenerlo sono il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Camillo D'Alessandro, e la consigliera Marinella Sclocco, che oggi porteranno al vaglio dell'assemblea regionale questa situazione, che secondo loro provocherà un'ulteriore migrazione di pazienti dalle strutture sanitarie pubbliche a quelle private, con la conseguenza che oltre a non avere i nove milioni di euro preventivati, si perderanno anche i soldi derivanti dal pagamento delle prestazioni.

Qualche esempio: nei centri privati un emocromo costa 4 euro, chi si rivolge al servizio sanitario pubblico ne paga 14, le analisi delle urine costano 2 euro, nelle strutture pubbliche 12, una radiografia 17 contro 27. Torna conveniente fare l'esame nel servizio sanitario pubblico quando una prestazione costa oltre i 47 euro, corrispondenti al ticket massimo per una ricetta pari a 37 euro più 10 di superticket.

«Questa situazione provoca due effetti», osserva Camillo D'Alessandro, «da un lato, si sta verificando uno spostamento di pazienti dal pubblico al privato, dall'altro, questo provvedimento aveva come obiettivo quello di aiutare a rientrare dal debito della sanità, ma i cittadini, per risparmiare, vanno nei centri privati. La conseguenza è che ci sarà una perdita di denaro. D'altra parte, non si può pagare una prestazione il 300 o il 500% in più».

Come evidenzia la Sclocco, una delle soluzioni proposte è quella di adottare il sistema della Lombardia, che ha applicato un ticket proporzionale al valore delle prestazioni oltre a fasce di esenzione per disoccupati, cassintegrati e lavoratori in mobilità.

Intanto, oggi in Consiglio regionale, il Pd porterà anche una risoluzione che, se approvata, metterà in discussione l'imposizione dell'addizionale Irpef nella stessa percentuale uguale per tutti. «Già diverse Regioni» spiega il capogruppo D'Alessandro, «applicano un'aliquota diversa in ragione del proprio reddito, una percentuale uguale per tutti vìola gli stessi dettami della Costituzione. A parità di gettito», propone D'Alessandro, «va distribuita la contribuzione in modo diverso. Parliamo qui di un principio di equità fiscale che intendiamo far rispettare anche in Abruzzo».

L'ipotesi, contemplata nello schema di decreto per il federalismo fiscale regionale, in discussione alla Commissione bicamerale per l'attuazione del Federalismo fiscale, potrebbe comportare a regime, nel 2015, probabili e possibili aumenti medi dell'addizionale regionale Irdi 226 euro l'anno (+ 82,8%) a partire dal 2015. La stima scaturisce da una simulazione della Uil, che considera il caso in cui tutte le Regioni si avvalessero della facoltà, prevista dalla bozza di decreto, di aumentare l'aliquota fino al 3% (per i lavoratori e pensionati aliquota all'1,4% sui redditi fino a 28mila euro), gradualmente fino al 2015. «Lavoratori dipendenti e pensionati», spiega Guglielmo Loy, segretario Confederale Uil, l'aumento sarebbe mediamente di 228 euro, passando dagli attuali 270 ai 498 euro.

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