Presentato a Roma il volume My memories, l’archivio delle opere del compositore Francesco Paolo Tosti custodite nella sua città

Il Tostiano tra le istituzioni di serie A

L’ente di Ortona riconosciuto dal ministero dei Beni culturali, con il Verdiano e la Chigiana

L’Istituto nazionale Tostiano di Ortona è stato riconosciuto dal ministero dei Beni culturali tra gli istituti musicali di importanza nazionale.
Il prestigiosissimo riconoscimento (di questo ristretto club fanno parte solo altri sette enti tra cui l’Istituto di studi verdiani, la Fondazione Rossini, l’Accademia Chigiana) è il coronamento di una vita di lavoro, in particolare del fondatore dell’Istituto, Francesco Sanvitale che, con rarissimo senso della misura, dopo 25 anni di direzione nel 2008 ha lasciato la responsabilità del Tostiano affidata poi ad Alberto Mammarella.

La settimana scorsa, a Roma, è stato presentato il volume «My memories. L’archivio del compositore Francesco Paolo Tosti e della famiglia», pubblicato dal ministero per i Beni culturali, e stampato dal Poligrafico dello Stato, un ulteriore riconoscimento di un’attenzione nazionale alla cultura abruzzese e a Tosti in particolare.
All’incontro ha brillato per assenza la Regione Abruzzo, mentre erano presenti i rappresentanti degli enti locali e, naturalmente, del Tostiano.

La politica abruzzese stenta ancora a riconoscere l’importanza di un ente, ormai di livello internazionale, forse sottovalutando le possibili ricadute anche a livello economico-turistico che un istituto del genere potrebbe esprimere.
L’attuale direttore dell’Istituto, Alberto Mammarella, parla nell’intervista che segue del riconoscimento ottenuto e delle possibiltà ancora da esprimere dall’ente musicale di Ortona.

Qual è il senso e il significato della pubblicazione «My memories»?
«E’ un volume importante nella storia dell’istituto e della musicologia in Italia, perché consente un accesso completo e strutturato a quello che è l’archivio più importante del Tostiano. E’ un inventario di 250 pagine che mette a disposizione una lettura e un accesso ben organizzato a tutti i documenti acquisiti in 27 anni di vita dell’Istituto. Ha richiesto la competenza altamente professionale del nostro Gianfranco Miscia, che da anni si interessa di inventari. Ma vorrei estendere i miei ringraziamenti a tutti i dipendenti del Tostiano e, ovviamente, al direttore emerito Francesco Sanvitale, a Tommaso Caraceni, già presidente e a Giuseppe Montanari, suo successore».

L’inserimento dell’Istituto tra quelli di rilevanza nazionale è un onore.
«Certo, ma credo anche che sia il giusto riconoscimento per l’attività scientifica svolta per rivalutare e diffondere la figura di Tosti e la sua produzione musicale. Sono diversi i fattori che hanno concorso al riconoscimento. Tra questi il peso della biblioteca, 20 mila volumi, oltre 3 mila documenti sonori, 7 importanti fondi documentari. Il nostro archivio storico è organizzato in tre sezioni: Musicisti, Organologica e Iconografica. Sei fondi documentari di cui quattro sono di notevole interesse storico. E poi oltre all’attività scientifica, sono stati fondamentali i rapporti con il Covent Garden, con le università giapponesi, inglesi, americane, che hanno dato una dimensione internazionale all’Istituto».

Paradossalmente il Tostiano è più conosciuto in Giappone o in Gran Bretagna che in Italia.
«Sì, anche perché Tosti non ha mai goduto in Italia di una particolare fortuna. Nel mondo anglosassone, in Francia, in Giappone e negli ultimi anni anche in Cina, lo studio della musica di Tosti è inserito anche nelle scuole primarie. Anche per questo abbiamo organizzato il concorso nazionale di canto, in programma tra il 7 e il 9 aprile, che non vuol essere un modo per scoprire nuove voci ma per riportare lo studio di Tosti nei conservatori italiani».

Qual è l’importanza della musica di Tosti e della sua opera di didatta della voce attraverso le sue indimenticate romanze?
«Fondamentale. Verdi riteneva Tosti il più grande didatta dell’Ottocento, e non dobbiamo dimenticare che Tosti è stato non solo il didatta ufficiale della corte inglese ma anche il revisore critico di illustri cantanti. Per novembre abbiamo organizzato un convegno internazionale di studi con gli interventi di docenti che arriveranno da Manchester, Parigi, Londra, Bologna, Padova».

Quanto lavoro c’è ancora da fare?
«Quello che è stato fatto è tantissimo ma, leggendo i documenti conservati, gli ambiti di ricerca sono notevolissimi. Dalla didattica alla letteratura della romanza da salotto all’aderenza ai testi delle tre lingue usate da Tosti, italiano, francese e inglese, e ancora questioni legate ai suoi rapporti internazionali. E poi, fondamentale è la questione legata alle motivazioni sociologica per la diffusione della romanza. La romanza da salotto, ai tempi di Tosti, dava la possibilità di esprimere sentimenti e idee che i codici del tempo non rendevano possibili altrimenti».

E per quanto riguarda il museo musicale?
«E’ un museo in crescita, ma resta il problema degli spazi. L’Istituto nazionale Tostiano allestisce periodicamente una riorganizzazione dei materiali per esporre un po’ tutto, in modo che, a rotazione, cerchiamo di rendere fruibile l’enorme patrimonio che abbiamo».

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