L’ira degli industriali «Il crollo è colpa di politica e banche»

TERAMO. Tirati in ballo dalla Cgil come corresponsabili della crisi che sta demolendo il sistema produttivo teramano, gli industriali reagiscono a muso duro. Interpellato dal Centro, il direttore di Confindustria Teramo Nicola Di Giovannantonio (nella foto) non si fa pregare e, pur apprezzando l’iniziativa del consiglio regionale straordinario dedicato alla crisi locale, mette i puntini sulle “i” e ne ha per tutti. La sintesi del suo intervento è spietata: quella teramana è una crisi che viene da lontano e tra le sue cause ci sono l’inadeguatezza della classe dirigente e del sistema bancario e il fenomeno dell’assenteismo. Inoltre Di Giovannantonio è pessimista sulla ripresa, secondo lui lontana.

L’ALLARME. «Confindustria Teramo», esordisce Di Giovannantonio, «già sette anni fa preparò una dettagliata analisi sulle debolezze delle aziende teramane che, in via riservata, fu consegnata all’allora presidente della Provincia. Il presidente Alfiero Barnabei, due anni fa, a fronte dei primi segnali di crisi affidò al vice presidente Salvatore Di Paolo l’apertura di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali. Il grido di allarme che oggi lancia la Cgil arriva tardi. La crisi, nella nostra provincia, ha radici lontane ed è iniziata con il crollo di quelle aziende che lavoravano a façon per il comparto tessile/abbigliamento. Ora è molto più violenta che in altre aree del Paese. Le cause sono note da anni, Confindustria le ha denunciate in più circostanze. Le ripetiamo: 1) aziende troppo piccole e sottocapitalizzate; 2) scarsa propensione a politiche di aggregazione di imprese; 3) eccessivo assenteismo».

L’ASSENTEISMO. I numeri del fenomeno li leggete nel grafico. Di Giovannantonio dice: «Le imprese, da molto tempo, sopportano una situazione non più accettabile di certificazioni mediche brevi. I costi di assenteismo penalizzano enormemente la loro competitività. Siamo stati lasciati soli ad affrontare la problematica e alcune imprese, esasperate, hanno unilateralmente deciso perfino di non pagare l’indennità di malattia».

POLITICA E BANCHE. «Gli imprenditori possono sbagliare», ammette il direttore di Confindustria, «e potrebbero aver fatto degli errori, ma vogliamo dire, una volta per tutte, che i mali di questa provincia e di questa regione sono riconducibili principalmente alla presenza di una classe politica che, per anni, è stata troppo debole e, quindi, non ha avuto il coraggio e la forza di proporre riforme vere, ancorché impopolari? Non ce l’ho con la classe politica attuale», chiarisce Di Giovannantonio, «ma in passato sono state fatte scelte che hanno fortemente penalizzato il sistema produttivo; basti pensare all’Irap. Vogliamo, una volta per tutte, fare chiarezza e dire che il sistema creditizio, tranne qualche eccezione, supporta in maniera insufficiente le attività imprenditoriali provinciali?

Le nostre imprese, se non aiutate, non sono nella condizione di superare questo momento di difficoltà. Vogliamo, una volta per tutte, dire che questa provincia per molti anni è stata penalizzata da un sistema di viabilità inefficiente e disastroso? Vogliamo, una volta per tutte, dire come è stata gestita la formazione professionale in regione? Vogliamo dire che il sistema sanitario regionale drena la quasi totalità delle risorse pubbliche, lasciando il nulla per lo sviluppo, le politiche industriali e le attività di ricerca? Che fine ha fatto il Distretto agroalimentare promosso dalla ex giunta provinciale? Che fine hanno fatto le quote che i soci sottoscrittori hanno versato? È colpa anche degli imprenditori se il Distretto non è ancora decollato?»

RIPRESA? Il direttore di Confindustria non si fa illusioni: «L’emorragia non si è fermata. Nei prossimi mesi la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente e quella ripresa da tanti decantata nella nostra provincia - se arriverà - comincerà ad essere visibile non prima del quarto trimestre 2010».

L’AUSPICIO. Di Giovannantonio auspica «che tutti, nessuno escluso, facciano una severa autocritica» e lavorino «per ripartire su basi nuove e innovative». Per questo ritiene indispensabili «riforme vere», che azzerino «i costi superflui della politica e della burocrazia. A quanti ci accusano di immobilismo», conclude, «diciamo solo che gli imprenditori sono veramente stanchi di sopportare passivamente scelte scellerate che non hanno prodotto altro che danni e sprechi».