Taranta Peligna – Il 25 Aprile

La Liberazione in Abruzzo/ Brigata Maiella, 80 anni celebrati con “Bella Ciao” cantata al Sacrario

26 Aprile 2025

Partecipazione e commozione a Taranta Peligna nel luogo dedicato al sacrificio dei partigiani

TARANTA PELIGNA. La manifestazione al Sacrario si è chiusa con Bella Ciao intonata da un gruppo di giovanissimi musicisti delle locali scuole medie, e subito accompagnata dalle centinaia di persone accalcate nel piazzale dove sfocia il vialetto sovrastato da un arco d’ingresso. Proprio qui è iniziata la sfilata con la banda di Bari in grande uniforme, seguita da una decina di gonfaloni comunali, bandiere sindacali, sindaci con la fascia, ex sindaci con il fazzoletto tricolore al collo, dirigenti delle sezioni Anpi, ex parlamentari come Giovanni Legnini in conversazione con l’onorevole Alberto Bagnai. Poi tanta gente, con bambini in braccio e qualche cane al seguito, la montagna quasi incantata con l’enorme squarcio che conduce alla Grotta del Cavallone e più su ancora a Femmina Morta, sorvolata da un’aquila in cerca delle sue piccole prede.

Su una parete i nomi scolpiti dei luoghi battaglia dei patrioti della Brigata Maiella, da Civitella Messer Raimondo a Brisighella, e poi le loro foto lasciate dai parenti dentro il Sacrario, con in bella vista quella del loro comandante sul campo, Domenico Troilo, dimenticato nella piccola mostra dell’associazione sulmonese Smemoranda allestita alla bell’e meglio nella umidissima ex galleria Anas. Davanti al Sacrario ha parlato il giovane sindaco di Taranta, Francesco Piccone, dopo la benedizione del parroco indiano don Giovanni. Altre musiche della banda barese, e il Canto degli italiani, cantato da tutti così come fu imposto dal vecchio presidente Carlo Azelio Ciampi, che proprio in queste zone trovò rifugio dopo l’otto settembre e che volle rivisitare ufficialmente venti e più anni fa. Un rifugio esplorato pure da Sergio Mattarella nel 2018 in un bagno di folla memorabile e assai soleggiato, al contrario di ieri con il tempo incerto che però non ha oscurato l’ampio panorama della vallata dell’Aventino, rigogliosa del suo verde primaverile e punteggiata dai paesini che la sorvegliano. Una corona viene depositata dentro il Sacrario, costruito e inaugurato nel maggio 1976, voluto da Ettore Troilo, comandante della formazione partigiana, che però non fece in tempo a vederlo, e dove riposano solo nove salme dei cinquanta e più morti in battaglia. Ma è il luogo simbolo dell’insorgenza patriottica abruzzese contro il tedesco invasore, iniziata in vari punti lontani fra loro già nel settembre del ’43 (Bosco Martese e poi la Banda Palombaro), cresciuta nel dicembre dopo le distruzioni dei paesi, le razzie, i primi scontri e le stragi (Sant’Agata e Limmari), e riunitasi nella Brigata Maiella che ha tenuto insieme i vari gruppi (“la banda delle bande” come la definì Costantino Felice), aggregatasi all’ottava armata britannica e poi al Secondo corpo polacco, guidato dal generale Wladyslaw Anders (fattosi amico di Domenico Troilo) che nel 1941 era transitato nella Lubianka moscovita e poi liberato per combattere i tedeschi, e a fine conflitto esiliato a Londra chissà perché. Oggi riposa nel cimitero polacco di Montecassino senza aver mai visto la sua Polonia veramente libera. Tante storie si intrecciano nella vicenda della Brigata Maiella, che in realtà si chiamava Gruppo Patrioti della Maiella, che gli inglesi militarizzarono col nome di Brigade, e quindi Brigata. E tale è rimasta. 

Nella memoria dei suoi componenti, quasi tutti scomparsi ormai, e nella memorialistica storica e giornalistica che ancora oggi si accapiglia sulle primazie di questo o quell’altro, tenendo però vivo il dibattito, la pubblicistica e la memoria diffusa di quel biennio di combattimenti e sofferenze, e di qualche piccolo eroe come Donato Ricchiuti di Lama dei Peligni, studente universitario a Firenze, che nel settembre del ’43 (sempre quello) a Santa Maria Novella disse addio alla fidanzata Anna per tornare in treno verso casa, imbracciare il fucile e morire folgorato a Colle delle Ciavole. Ricchiuti ci credeva, e fu il suo sentimento antifascista e libertario a farlo entrare nel piccolo panteon della lotta partigiana abruzzese. Ieri mattina è stato ricordato, insieme a tanti altri, da alcuni studenti dell’istituto superiore “Algeri Marino” di Casoli, che da tempo ripercorre la storia di quegli anni tramite convegni, viaggi, incontri e approfondimenti, per evitare quel distacco della memoria che porta all’indifferenza, alla codardia e infine alla banalità del male che, molto sobriamente, sembra tornata di moda in questi anni e in questi giorni. 

Insieme agli alunni di Casoli c’è stato un minuto di silenzio per Papa Francesco, che ha parlato di pace fino all’ultimo, ma che ha pure parlato, un paio di anni fa, di difesa giusta contro l’invasore. Come fecero i partigiani, che lasciarono le armi solo dopo la liberazione per tornare alle loro case distrutte, e tentare di ricostruire un Paese più giusto e più libero. Ieri mattina a Taranta sono stati ricordati, ottant’anni dopo, da un gruppo di ragazzi che hanno suonato e cantato Bella ciao. E da una bimba che ha liberato in volo tanti palloncini bianchi, rossi e verdi che portavano scritti i nomi dei paesi liberati dalla Brigata Maiella.