La svolta della Fiat preoccupa l'Abruzzo

Sevel fuori da Confindustria Chieti. E la Fiom teme per il nuovo contratto di gennaio

PESCARA. La decisione del gruppo Fiat di uscire da Confindustria preoccupa l'Abruzzo, e apre diversi interrogativi la scelta di Marchionne in una regione che, sulla innovazione e la ricerca della produzione di auto, ha puntato una fetta importante degli investimenti.

Il primo effetto diretto riguarda Confindustria Chieti, che di colpo perde il socio più prestigioso con l'uscita della Sevel, la fabbrica del gruppo Fiat che da sola produce il 10% del Pil regionale oltre a costituire il punto di riferimento delle esportazioni regionali. Conseguenze non marginali per il bilancio degli industriali teatini, con l'abbattimento dell'8-9% dei contributi associativi, pari a circa 130mila euro l'anno. Ma sono soprattutto gli effetti politici della svolta Marchionne a preoccupare. Sul fronte sindacale, per le ricadute che tale decisione potrà provocare sul contratto collettivo dei metalmeccanici, e sul fronte confindustriale, per la perdita di peso specifico come controparte nelle relazioni aziendali.

LETTERA A MARCEGAGLIA.
Già un mese fa il capo degli industriali di Chieti, Paolo Primavera, aveva dato l'allarme: «Ho scritto alla presidente Marcegaglia prospettandole il quadro della situazione abruzzese, e chiederle di intervenire per evitare, in ogni modo, l'uscita della Fiat da Confindustria. Condivido la strategia Fiat sui contratti, ma non posso nascondere che la decisione di Marchionne ci danneggia. Non tanto perché è il maggiore contribuente dell'associazione, quanto perché perdiamo il miglior associato». Primavera esclude conseguenze dirette sul campus Automotive della Val di Sangro, che la Regione finanzia con circa 34 milioni attinti dai fondi Fas. «Il progetto va avanti. Non cambierà nulla. Come non cambieranno gli eccellenti rapporti con Sevel», prosegue Primavera, che ancora non esclude la possibilità di trattenere il gruppo Fiat nei ranghi di Confindustria. «Possibilità», precisa, «che Marchionne non esclude a livello territoriale. Lo ha già fatto con l'Unione industriali di Torino e non è detto che non si ripeta in Abruzzo, dove c'è la Sevel e si va costituendo il più importante polo auto del centrosud».

VISIONE OTTOCENTESCA.
Meno sfumata è la reazione sul fronte sindacale. «Le strategie di Marchionne disegnano un triste scenario per l'Abruzzo. Lo avevamo previsto un anno fa, oggi ne abbiamo la conferma» tuonano Nicola Di Matteo e Marco Di Rocco, della Fiom. «Già il 12 settembre scorso, abbiamo avuto le prime avvisaglie che, a novembre, sarà convocata una riunione per decidere gli effetti contrattuali a partire dal 1º gennaio 2012». Fiom si appella alle istituzioni. «C'è da chiedersi come possa una Regione come l'Abruzzo, che ha sbloccato i finanziamenti dell'Automotive, permettere alla Fiat di uscire da Confindustria e applicare da gennaio un contratto senza regole. Questa decisione sarà catastrofica per Sevel e trascinerà su questa strada tutto l'indotto. Oggi la segretaria Cgil Camusso ha detto che Marchionne ha una visione ottocentesca dei rapporti industriali, il guaio è che nessuno riflette abbastanza sulle conseguenze che graveranno sui lavoratori. Vogliono azzerare diritti fondamentali dell'uomo, prim'ancora che quelli dei lavoratori».

I PALETTI DELLA UIL.
Più cauto il segretario Uil Abruzzo, Roberto Campo. «Quella di Fiat non è un'uscita dalla contrattazione collettiva nazionale. In ogno caso, la Uil ha già detto in ogni sede che non accetterà mai accordi in deroga all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sui licenziamenti senza giusta causa». Sulla scia, Maurizio Spina (Cisl Abruzzo): «Quella di Marchionne è una scelta associativa. L'importante è che siano rispettati gli impegni sugli stabilimenti. In caso di dissenso c'è sempre la possibilità di ricorrere al voto dei lavoratori. No, non credo che ci saranno conseguenze in Abruzzo».

I TIMORI DELLA CGIL.
«La decisione di Marchionne andrà chiarita dentro Confindustria, ma è certamente un fatto politico di rilievo. Innanzitutto», afferma il segretario Cgil Abruzzo, Gianni Di Cesare, c'è da chiedersi: Confindustria sosterrà la Fiat come lo fa oggi? Quando si esce da un sistema, le conseguenze sono sempre impegnative. Un'altra questione che per noi è centrale riguarda il costo del lavoro con Marchionne che costringe il sindacato a discutere di contratti. Resta da capire quale contratto applicherà Fiat in Abruzzo. Per noi, al contrario, bisognerebbe concentrarsi sulla quantità di investimenti e l'occupazione. Non nascondo che c'è grande preoccupazione a livello nazionale e sui riflessi che si potranno avere in Abruzzo. Gli industriali hanno un motto: "fiducia e certezze". Ma, di questo passo, si finisce per alimentare stati d'animo che vanno nella direzione opposta. Ultima questione: che fine hanno fatto i 20 miliardi di investimenti Fiat in Italia, e quanti ricadranno sull'Abruzzo?».

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