La "terza città" con le casette fai da te

Privati scatenati, sono 500 le autorizzazioni ufficiali ma le strutture sono molte di più

L’AQUILA. Il terremoto ha creato tre città: quella storica, chiusa e fantasma; quella del piano Case e dei map che per lo più (almeno per adesso) sono dormitori pubblici, e la città delle casette costruite dai privati. Quest’ultima è una città di cui quasi nessuno sembra essersi accorto o fa finta di non accorgersi. Sono troppi quelli che hanno colto al volo l’occasione per farsi la casetta di campagna e allargare gli spazi di quella “vecchia” e non troppo danneggiata.

Il tutto in base a una delibera di consiglio comunale del 25 maggio del 2009 su «Criteri per la localizzazione e realizzazione di manufatti temporanei». In realtà basta farsi un giro in macchina fra Bagno, Pianola, Paganica, l’immediata periferia dell’Aquila per capire che di temporaneo queste abitazioni di legno non hanno nulla. Anzi, in alcuni casi si tratta di vere e proprie ville con tanto di giardino intorno. Le misure sono varie, vanno dai 30 metri quadrati ai 100 circa (la delibera comunale imponeva che non si potesse andare oltre i 95) ma in alcuni casi si supera ampiamente la volumetria stabilita. Il costo dagli 800 ai 1200 euro al metro quadrato chiavi in mano.

Il Comune, i dati sono di qualche giorno fa, ha concesso finora 500 autorizzazioni a costruire casette di legno per far fronte alle necessità abitative di chi non può ancora rientrare in casa. Ma l’impressione è che di casette ne siano state realizzate almeno il doppio, il che significa che molte sono di fatto abusive anche se nessuno almeno per ora si sogna di andare a controllare visto che ci sono, sempre sulla carta, oltre 27.000 persone in autonoma sistemazione e molte sono certamente anche nelle casette della terza città. La questione è che cosa accadrà alla scadenza dei tre anni (maggio 2012) previsti dalla delibera come periodo massimo dopo il quale le casette provvisorie andrebbero smontate.

Ma basta guardarle queste casette (ce ne sono di quelle curate con una attenzione quasi maniacale, frutto di ricordi che emergono in tutti quelli che da ragazzi hanno visto i cartoni animati di Heidi) per capire che nessun sindaco si sognerà mai di ordinarne la demolizione se non vuole essere “bruciato” politicamente in mezzo a piazza Duomo. E allora la soluzione futura è già pronta: una bella sanatoria da 500-600 euro a metro quadrato (o forse anche meno) che salverà la carriera politica dei futuri sindaci e ingrasseranno un po’ le casse comunali che non guasta mai.

Tra l’altro nella stessa delibera del maggio del 2009 ci sono vie di uscita già indicate, per esempio nell’articolo due (durata e validità del provvedimento) laddove è scritto che «le presenti disposizioni sono di carattere straordinario e transitorio ed hanno un periodo di validità di mesi 36. Al termine di tale periodo, connesso all’esaurirsi dello stato di emergenza, le stesse decadranno automaticamente, salvo diversa, motivata, determinazione dell’amministrazione comunale per eventuali proroghe». C’è da giurare che di proroghe ne vedremo almeno per i prossimi 10 anni e poi arriverà la sanatoria.

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