L’Abruzzo perde giovani, 10mila in meno in 2 anni

Crescono Pil e occupazione, ma è un’emorragia di capitale umano. Un fenomeno che colpisce duramente la nostra regione
L’AQUILA. Il Sud guadagna lavoro ma continua a svuotarsi. E l’Abruzzo non fa eccezione. In due anni oltre 10mila giovani hanno lasciato la regione, proprio mentre il Pil cresce. È il paradosso messo in luce dal Rapporto Svimez 2025, che fotografa un Mezzogiorno in movimento ma attraversato da profonde fragilità: lavoro poco qualificato, salari insufficienti, emergenza abitativa e – soprattutto – un’emorragia di capitale umano che non si arresta. Il dato più allarmante riguarda i giovani sotto i 34 anni: 175mila hanno lasciato il Sud tra il 2022 e il 2024, molti dei quali laureati. Un fenomeno che colpisce duramente l’Abruzzo, dove in appena due anni 6.990 giovani tra i 25 e i 34 anni hanno scelto di trasferirsi al Centro-Nord e 3.309 hanno preso il volo verso l’estero, segnando «una delle perdite generazionali più significative dell’area centro-meridionale».
La regione, pur agganciata alla ripresa, non riesce dunque a trattenere le sue energie più qualificate e resta indietro anche sulla Zes Unica. Svimez descrive un Sud che cresce più del Centro-Nord grazie all’edilizia, agli investimenti pubblici e alla ripresa dei servizi: tra il 2021 e il 2024 il Pil meridionale è salito dell’8,5% contro il 5,8% del resto del Paese. Le costruzioni segnano +32%, mentre l’industria manifatturiera torna a espandersi (+13,6%). In tre anni sono stati creati quasi 500mila posti di lavoro, ma la dinamica positiva spinta dal Pnrr non frena la fuga dei giovani: 175mila partenze che valgono, secondo Svimez, 8 miliardi annui di formazione perduta. Il Pnrr continuerà a sostenere la crescita nel 2025-2026 (+0,7% e +0,9%), ma il nodo resta la qualità del lavoro: un milione e duecentomila lavoratori meridionali sono working poor e il divario nei servizi, seppur in miglioramento, non è ancora colmato.
Nel Mezzogiorno – Abruzzo compreso – i salari reali scendono più che nel Centro-Nord: -10,2% tra il 2021 e il 2025, contro -8,2% del resto del Paese. Le famiglie in povertà assoluta aumentano dal 10,2% al 10,5%, con altre 100mila persone spinte sotto la soglia nonostante la presenza di un occupato. Altro dato critico: la partecipazione femminile al lavoro che resta infatti tra le più basse d’Europa. Le donne studiano di più ma lavorano di meno: tra le 25-34enni con titolo terziario, la quota di occupate è del 31%, contro il 21% degli uomini. La maternità accentua i divari: nel 2024 al Sud l’occupazione delle donne con uno o due figli è appena sopra il 40%, e precipita al 30,8% per chi ha tre figli o più. Il peso del lavoro di cura, in territori ancora carenti di servizi, continua a frenare la partecipazione femminile. Ma non solo.
In 25 anni il Mezzogiorno ha investito 132 miliardi di euro per formare laureati che poi in massa partono: ogni anno oltre 40mila giovani meridionali si trasferiscono al Centro-Nord e altri 37mila laureati italiani emigrano all’estero, disperdendo gran parte del rendimento dell’investimento pubblico in istruzione. Il rapporto definisce questa dinamica come «la trappola del capitale umano»: il Sud produce competenze che alimentano crescita e innovazione altrove. L’Abruzzo, secondo il report di Svimez, non sta sfruttando appieno la Zes Unica, pensata per accelerare investimenti e autorizzazioni nel Mezzogiorno. Nei primi anni la regione è tra le meno reattive, mentre Puglia, Campania e Sicilia hanno già attratto la quota maggiore di interventi. Eppure il nuovo sistema ha iniziato a produrre risultati: i tempi autorizzativi sono scesi da 98 a 54 giorni e tra marzo 2024 e novembre 2025 sono state rilasciate 865 autorizzazioni per 3,7 miliardi di investimenti.
L’agroindustria concentra oltre un quarto dei progetti, seguita dall’automotive, mentre crescono iniziative in elettronica, Ict e cleantech. La Legge di Bilancio 2026 ha prorogato e rafforzato il credito d’imposta fino al 2028, con oltre 4 miliardi di risorse. «La nostra generazione chiede la possibilità di costruire qui il proprio futuro, per noi il diritto a restare non può essere un lusso per pochi». Così Saverio Gileno, segretario abruzzese dei Giovani democratici e coordinatore della segreteria nazionale, commenta il Rapporto Svimez 2025. «La nostra economia rimarrebbe senza carburante proprio ora che vediamo segnali di recupero. E mentre servirebbe una strategia nazionale, la destra insiste con l’autonomia differenziata che continuerà a spaccare il Paese», aggiunge. Sulla legge di bilancio il giudizio è netto: «Non investe sulla qualità del lavoro, non combatte la povertà lavorativa e non riduce i divari sociali e territoriali».
«In Abruzzo», avverte Gileno, «vedremo il solito film: misure spot ed elettorali, mentre la precarietà dilaga e le crisi industriali, a partire da Stellantis, non trovano risposte. Con la spada di Damocle del debito sanitario non si governa pensando al futuro». Per i Giovani Democratici serve una svolta: «Per uscire dalla precarietà abruzzese servono scelte chiare e coraggiose: in Europa una nuova stagione di debito comune; in Italia una manovra che redistribuisca davvero; in Regione interventi strutturali per dare ai giovani motivi concreti per restare: lavoro stabile, diritto allo studio, servizi e trasporti», conclude, «il diritto alla casa è un’urgenza. Avere un tetto dignitoso non è un sogno: è la condizione minima per restare».
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