L’affare delle case funerarie, in Abruzzo ce ne sono 49. Il Tar: «Vietato ghettizzarle»

4 Dicembre 2025

Cambia il rito dell’ultimo saluto: aumentano le strutture ispirate all’America. Sale del commiato sempre più frequenti, la sentenza: «Compatibili anche in città»

CHIETI. In Abruzzo ci sono 49 case funerarie: 18 case funerarie nel Teramano, 14 in provincia di Pescara, 12 all’Aquila e 5 nel Chietino. Le case funerarie sono possibili grazie a una legge regionale, la numero 41 del 2012, e forniscono un servizio chiavi in mano ispirato all’America, tanto che alcune si chiamano addirittura “funeral home”. Si intitola “Quanto costa morire” un’altra puntata di 31 minuti, settimanale di approfondimento di Rete8 in collaborazione con il Centro che va in onda questa sera alle ore 22.30 (riprese e montaggio di Giuliano Vernaschi, regia di Danilo Cinquino e Antonio D’Ottavio). Tra i contributi della puntata, interviste a Pierpaolo Di Rocco, imprenditore del settore e segretario regionale Feniof (Federazione nazionale imprese onoranze funebri), Alessandro Bosi, segretario nazionale Feniof, l'imprenditore Giuseppe Verrocchio, Lino Ruggero, assessore ai Lavori pubblici al Comune di Montesilvano e operatore del comparto, e il consigliere comunale di Pescara Domenico Pettinari.

Le case funerarie sono un affare per le ditte di pompe funebri, forniscono un servizio alle famiglie che attraversano un momento di dolore ma non sono sempre le benvenute. Secondo la legge regionale 41, le case funerarie non possono essere collocate ad una distanza inferiore di 800 metri da strutture sanitarie residenziali pubbliche o private e strutture socio-sanitarie residenziali; non possono essere collocate a una distanza inferiore di 50 metri da cimiteri e crematori. Per le nuove aperture, è necessario garantire almeno 12 posti auto oltre a un parcheggio per disabili. E poi i Comuni dovrebbero rilasciare i permessi alle imprese nel giro di 90 giorni e qui comincia una storia che ci porta fino al Tar di Pescara.

Il 24 ottobre del 2024 il Comune di Mozzagrogna, un paese di quasi 2.500 abitanti della provincia di Chieti, cambia il regolamento edilizio e con un voto del consiglio comunale decide che le case funerarie si possono costruire solo nelle zone classificate D2, cioè aree per alberghi, pensioni, villaggi turistici e anche case di riposo. Perché questa decisione? Torniamo indietro di qualche mese: il 2 agosto sempre del 2024, due residenti di Mozzagrogna promettono di vendere un immobile allo stato grezzo che si trova proprio nel comune di Mozzagrogna, a un'impresa di onoranze funebri della vicina Lanciano che ha il progetto di costruire una casa funeraria. Meno di tre mesi dopo, ecco che il consiglio comunale vieta la costruzione della casa funeraria e il caso finisce al Tar di Pescara; a fare ricorso contro il Comune sono la ditta di onoranze funebri e anche i due residenti che vogliono vendere il loro terreno. Alla fine il Tar boccia l'operato dell'amministrazione comunale e la condanna a pagare 3000 euro di spese legali: le case funerarie, dice la sentenza, non si possono «ghettizzare».

Secondo i giudici del Tar, il Comune di Mozzagrogna non può vietare la costruzione di quella casa funeraria perché «la regola generale posta dalla Regione Abruzzo è quella della tendenziale compatibilità della ubicazione delle case funerarie nell’intero territorio comunale con finalità di liberalizzazione dell’esercizio dell’attività di impresa della casa funeraria». E questa regola base, dice la sentenza del Tar, si può derogare solo con «una motivazione rafforzata»: per i giudici, «ciò che appare in diretta ed irrimediabile collisione con i principi ispiratori della legge regionale è la scelta del Comune di “ghettizzare” l’ubicazione delle case funerarie, relegandole esclusivamente in una precisa sottozona del proprio territorio (zona D.2 del vigente piano urbanistico comunale) ed escludendo in tal modo in radice la loro localizzazione in altre zone».

E la sentenza di primo grado smonta l'impostazione del Comune perché dice che «per di più la determinazione comunale è assolutamente priva di giustificazione, non essendo indicati i tassativi motivi di interesse generale (particolari motivi di carattere igienico-sanitario, ambientale, storico, artistico, urbanistico ed architettonico) che soli possono consentire in via eccezionale di limitare o escludere la collocazione di tali strutture in parti del territorio comunale». Ma il caso potrebbe non finire qui perché una sentenza del Tar, quindi una sentenza di primo grado, si può impugnare al Consiglio di Stato e questa è proprio la scelta che potrebbe fare il Comune di Mozzagrogna per fermare quella casa funeraria contestata.

La morte è una certezza della vita, quindi, il lavoro alle imprese funebri non manca mai. Secondo i dati Unioncamere-InfoCamere aggiornati a giugno 2025, in Abruzzo ci sono 270 imprese funebri, leggermente meno rispetto al censimento del 2019 quando ce n'erano 284; in sei anni, il decremento è stato del 4,9%. Il settore adesso dà lavoro almeno a 1.183 addetti, il 7,70% in più rispetto al 2019: quindi, un po' meno imprese ma più lavoratori. Se allarghiamo lo sguardo a tutta l'Italia, sempre secondo i dati Unioncamere, le ditte attive nel comparto sono 7.050, in aumento del 4,9% rispetto al 2019, quando se ne contavano 6.720. In termini assoluti, la regione con il maggior numero di imprese è la Sicilia con 827 ditte, una ogni 6mila residenti circa; ma in Abruzzo la densità delle ditte di pompe funebri, in tutto ne sono 270, è ancora più elevata: ce n’è una ogni 4.600 residenti circa, una concentrazione tra le più alte d'Italia.

Dal 2019 al 2025, la natura giuridica delle imprese è in transizione: le società di capitale sono passate da 2.122 a 2.771 (+30,6%), mentre le imprese individuali e le società di persone hanno subito un ridimensionamento, rispettivamente del -6,7% e -7,7%. «Se la domanda è sempre legata a un bisogno certo e inevitabile», dice il rapporto Infocamere, «le modalità con cui le imprese vi rispondono raccontano un comparto che tende a consolidarsi abbandonando le dimensioni più artigianali per assumere fisionomie più strutturate, con maggiore capacità di investimento, più attenzione al marketing e alla diversificazione dei servizi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA