Le ciglia d’Oriente di Berlino

La lezione di democrazia appresa dalla caduta del Muro di 20 anni fa.

Con la caduta del Muro di Berlino (Berliner Mauer) nel 1989 abbiamo avuto la possibilità di vivere la Storia al presente. E se ancora risultiamo poco espansivi nei confronti dell’evento, ciò è dovuto al fatto che la nostra attenzione ha bisogno di una collocazione storica e, se si vuole, personale data la situazione così rara di esserne partecipi e protagonisti della Storia. Confesso perciò subito che dal punto di vista personale - su quel confine Occidente - Oriente ho più volte sostato -, ho scorto che la caduta del Muro di Berlino non sono solo i noti concetti «ex», ma che la sua parabola va ben oltre. Elencare tutto ciò che quel limes ha lasciato dietro di sé è infinitamente lungo, ma la caratterizzazione vera sta nella lotta e nella morte per gli ideali che i vincitori descrivono. E se l’uomo ha imparato qualcosa dalla storia è il combattere per gli ideali che, come abbiamo visto anche in questo caso, restano il vero valore della vita. Il tempo transita, muta, ma gli ideali restano.

La caduta del Muro ne è l’ultimo esempio riuscito dell’uomo moderno che ha voluto vedere oltre, ed esserne protagonista. E ci piace sottolineare che abbiamo appreso quella lezione di democrazia, il suo aspetto più importante, nonché l’ultimo in ordine cronologico, del nostro tempo. Parlando del Muro di Berlino in termini di date viene in mente la sovrapposizione storica che spesso è fortemente identificatoria. Ricordando il 9 novembre 1989 viene da sé, nella riproposta storica, menzionare che nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938 chiamata Kristalnacht, Hitler iniziò con la distruzione delle 267 sinagoghe, l’uccisione di un centinaio di ebrei e la deportazione di 13 mila di loro nei campi di concentramento.

La seconda guerra mondiale finisce nel 1945 e l’immagine emblema della fine è la foto di Attlee, Truman e Stalin quali rappresentanti dei vincitori della guerra, alla Conferenza di Potsdam, vicino a Berlino. Tra l’altro lì era passato Einstein agli inizi del Novecento, e sempre lì Voltaire due secoli prima trascorse tre anni conversando con Federico il Grande nella sua reggia Sanssuoci.
Dalla Conferenza di Potsdam vengono prese decisioni che Berlino, come il resto della Germania venisse diviso in quattro parti controllate da Unione Sovietica, Usa, Gran Bretagna e Francia. Come avanzava la Guerra fredda il passaggio tra i settori si restringeva sempre più, così da contrapporre l’Est all’Ovest. La frontiera tra la Germania dell’Est e dell’Ovest fu chiusa nel 1952, quando due milioni e mezzo di tedeschi dell’Est passarono a Ovest tra il 1949 e il 1952. Tuttora, nei libri di storia si menziona il fatto che l’intera cattedra di matematica dell’università di Lipsia passò a Ovest.

Furono questi i presupposti che precedettero la costruzione del Muro di Berlino, iniziato il 13 agosto 1961. Da quel momento una carica d’odio correrà lungo i centosessantasei km di Muro, fino alla sua demolizione il 9 novembre 1989.
Il crollo della cortina di ferro è avvenuto, non tanto e non solo quale volontà politica dei «padri dell’unità tedesca» l’ex cancelliere Helmut Kohl, l’ex presidente russo Michail Gorbaciov e l’ex presidente americano George Bush senior, a quanto pare passata alla storia come «rivoluzione di velluto», ma per la volontà ferrea del popolo. Era avvenuto che il Muro aveva esaurito la sua funzione divisoria, e insieme ad esso il governo comunista della Germania dell’Est. Questa è la forma di messaggio che abbiamo scelto di tramandare ai posteri. Si calcola che per la ricostruzione della Germania dell’Est fu spesa una cifra enorme: un bilione di marchi.

Seguirono gli aiuti consistenti per la ricostruzione, in ordine: Repubblica Ceca, Polonia e Paesi baltici.
La caduta del Muro e nell’insieme la caduta del comunismo, su scala globale hanno prodotto la fine delle ideologie e un nuovo ordine politico mondiale. Se ne discute ancora e a ragione, date le conseguenze che ha prodotto. Perché se nel ventre della Storia da un lato il mondo si estendeva, dell’altro si riduceva. Sotto lo stesso tetto dell’Europa, alla grande Germania unificata, seguirà la frantumazione dell’ex Jugoslavia, della «guerra giusta», con la nascita dei nuovi Stati con lo stesso risultato della fine del comunismo, ma non del superamento dei nazionalismi. Con tutti i dubbi che ci assillano e le riserve dovute alla crisi economica globale, bisogna prendere atto di quanto impegno e quanta strada la Germania ha fatto dopo la riunificazione in diversi campi, e in particolar modo nella politica di integrazione, in primo luogo il multiculturalismo interetnico problema tra i più impegnativi oggi in Europa.

Perché Berlino è oggi più europea delle altre capitali compresa Parigi e Roma che hanno rallentato il passo?
Una delle risposte possibili sono le genti di Berlino.
Viaggiando sui treni e camminando per le strade della capitale dei re di Prussia, ho sentito parlare il tedesco e il russo le due lingue del Muro che sono diventate l’anima della città che è in egual misura Berlino dell’Est e dell’Ovest sono le «ciglia d’Oriente di Berlino d’Occidente».