Marchionne: in Sevel non mi fanno lavorare

L'ad Fiat critico sugli straordinari. I sindacati: sbagliato fare di tutta l'erba un fascio

PESCARA. Anche se Sergio Marchionne non voleva, la Sevel di certo non ci ha fatto un bella figura. Da fabbrica modello in pochi minuti si è trovata additata come esempio negativo. E' bastata una frase dell'ad del gruppo Fiat-Chrysler per scatenare le polemiche e portare lo stabilimento in Val di Sangro al centro della corrida sindacale. Marchionne ha parlato di anarchia sindacale e di impossibilità di creare un prodotto finito nei giorni di straordinario nella fabbrica dei furgoni Ducato (circa 6mila operai) perché il 20 per cento degli operai non va al lavoro. «Stiamo cercando di far fare straordinari alla Sevel di Val di Sangro e più del 20% non si presenta a lavorare perché ci sono regole sindacali che danno loro il diritto a non venire. Io però non posso vendere l'80% di un furgone. Questa non è un'espressione di democrazia, è anarchia industriale», ha detto il manager dalle origini abruzzesi. Parole che hanno avuto vasto eco - sono state pronunciate dal palco di un convegno dell'Unione industriali di Torino e nel corso di un intervento sull'occupazione Fiat in Italia - che hanno trovato in Abruzzo immediate reazioni da parte di tutti i sindacati. Nonostante Marchionne si riferisse, in maniera non esplicita, alla scelta della Fiom di non aderire ai sabato straordinari della Sevel, anche Uil e Cisl criticano la generalità del discorso del manager.

LA SORPRESA. L'atteggiamento di Cisl, Uil e Fismic dopo un primo sbigottimento iniziale è che non si faccia di tutt'erba un fascio poiché, ribadiscono, «il 20% non è tutto lo stabilimento».

«Da sempre Sevel è il più grande stabilimento produttivo d'Italia e d'Europa e non è proponibile che per colpa di una minoranza si sminuisca un esempio di eccellenza qualitativa e produttiva come la Sevel», afferma Nicola Manzi, segretario Uilm Chieti.

Da Torino Fiat fa notare che non è la prima volta che Marchionne si lamenti del lavoro in Italia È però la prima volta che fa riferimento in negativo alla Sevel. «Si sta preparando il terreno per il confronto sindacale di novembre, non dimentichiamo che in caso di uscita dal contratto nazionale bisognerà indire un referendum tra i lavoratori», è la spiegazione che dà il segretario provinciale Fiom Marco Di Rocco secondo cui la strategia dell'ad è di crearsi un alibi per uscire dal contratto e di dividere i lavoratori: «Rispediamo al mittente il concetto di anarchia: il vero anarchico è lui, Marchionne che vuole stare in un paese rispettando solo la sua legge e confondendo l'anarchia con i diritti». Fiom ricorda a Marchionne che «grazie al sudore di oltre 6mila lavoratori» la Sevel di Atessa risulta la più produttiva del gruppo Fiat con oltre 1.050 veicoli al giorno e con un utile netto d'esercizio di diversi milioni di euro. «In Sevel», aggiunge il segretario delle tute blu, «non regna nessuna anarchia industriale in quanto tutti i lavoratori sono legati a dei tempi di produzioni e a saturazioni di quasi il 100%. I lavoratori non hanno tempo neanche per respirare, ma in Sevel non piegano la testa. L'anarchia la pratica la Fiat perché si rifiuta di applicare il contratto nazionale, le leggi di questo Paese e le regole comuni. Altra pratica è che, Marchionne, visto che non paga il saldo del premio di produzione, aumenta i ritmi di lavoro a dismisura, esce da Confindustria, dà il premio solo a chi dice lui, cambia il contratto, rende schiavi tutti i lavoratori, non produce nuovi modelli in Italia, si prende i soldi della cassa integrazione».

VALORIZZARE GLI ALTRI.
Il segretario provinciale Uilm rindirizza la questione: «I problemi sindacali non li scopriamo oggi, chi rappresenta l'azienda li conosce bene e dovrà prendere le sue decisioni. Dal canto nostro dobbiamo lavorare per valorizzare quell'80% di lavoratori che risponde con impegno ai sabato straordinari e fare in modo che la percentuale cresca sempre di più».

Più critico nei confronti della Fiom è Domenico Bologna, segretario provinciale Cisl, che parla di «cattiva pubblicità per lo stabilimento»: «Gli scioperi sugli straordinari non hanno senso, così si mette in discussione l'intero stabilimento. Non si capiscono le motivazioni della Fiom che sciopera in assenza di un rinnovo di contratto e in un momento molto delicato. Abbiamo calcolato che i lavoratori che hanno scioperato tra premio straordinario mancato e assenza dagli straordinari hanno perso tra i 2mila e i 3mila euro».

Roberto Salvatore, Fismic, fa infine una considerazione numerica: «Rispetto a qualche mese fa l'adesione agli scioperi si è abbassata: da un 40% si è passati a meno del 20: i lavoratori hanno consapevolezza del delicato momento che si sta vivendo».
(ha collaborato Daria De Laurentiis)

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