Morti sul lavoro, 21 in Abruzzo

Cinque vittime in provincia di Chieti nei primi quattro mesi del 2011

PESCARA. Gli ultimi della lista sono due operai, un albanese e un ucraino, schiacciati dalla parete crollata in un cantiere a Lanciano il 18 aprile scorso. In un anno, l'Abruzzo ha pagato un altro grande tributo di sangue al lavoro con i 21 morti rilevati nelle cronache del Centro dal 27 maggio del 2010 a oggi.

Anziani, tanti giovani uomini e un ragazzo di 19 anni, Ermete D'Alessandro, precipitato dal tetto di un capannone a Celano. Incidenti, ma anche tragedie domestiche. Agricoltori uccisi da motozappe e trattori. Un immigrato rumeno morto subito dopo la firma del contratto di assunzione. Impossibile non ricordarli tutti per le celebrazioni del Primo Maggio, che resta certamente giornata di festa ma anche un'occasione per riflettere. Domandarsi perché, sul lavoro, si possa continuare a perdere tanto facilmente la vita.

I bollettini degli Osservatori nazionali annotano 192 decessi da aprile 2010 causati da infortuni, che arrivano a oltre 400 se si aggiungono i lavoratori morti sulle strade mentre si recavano o tornavano dai luoghi di lavoro. E' un fenomeno che cresce a ritmi impressionanti (l'anno scorso furono 151 in Italia nello stesso periodo), a conferma della precarietà delle condizioni di sicurezza e degli scarsi controlli. Così un aumento delle vittime che segnala un +30 per cento nell'arco di appena 12 mesi non può che smuovere inquietudini.

Nei primi quattro mesi del 2011, soltanto in edilizia, si sono registrati 55 infortuni fatali secondo i dati dell'Osservatorio indipendente di Bologna, pari al 28,2% sul totale dei decessi. L'agricoltura, con 53 morti, si attesta sul 28,1%. E, in Abruzzo, i campi agricoli sono sicuramente i luoghi delle più frequenti cause di morte perché la maggior parte degli addetti lavorano fino a tarda età. L'industria, con 22 vittime, assorbe l'11,5% della mortalità mentre l'autotrasporto, con 14 incidenti, si colloca sul 7,5 per cento. Le regioni in testa a questa triste classifica dei primi mesi del 2011 sono la Lombardia, con 28 vittime sui luoghi di lavoro (dieci solo nella provincia di Milano), l'Emilia Romagna 20 e la Sicilia con 18. Nonostante la terribile tragedia della Thyssen e dopo un calo costante degli infortuni mortali da quella tragedia, anche la provincia di Torino ha già 5 morti nel 2011. Gli stessi registrati nella provincia di Chieti, sempre in prima fila in Abruzzo sul fronte degli incidenti sul lavoro, che questa volta presenta la stessa macabra contabilità del Napoletano.

Un Primo Maggio di festa e di riflessione, si diceva. «Un giorno per ricordare le vittime», commenta l'ingegner Mauro Rossato, presidente dell'Osservatorio sicurezza sul lavoro della Vega Engineering, «e per sollecitare rigore nella applicazione delle sanzioni». Si parla insomma di un'emergenza che continua a essere sottovalutata, nonostante le discipline e le norme previste per ogni settore produttivo, i percorsi di formazione disponibili, talora addirittura gratuiti, o in parte finanziati dalle pubbliche amministrazioni per chi opera in condizioni di rischio quotidiano. «Sì, perché le leggi ci sono e devono (dovrebbero) essere rispettate», chiosa Rossato, «a cominciare da alcuni datori di lavoro che, non applicando le norme di sicurezza, danneggiano anche chi invece le rispetta e creano situazioni di sleale concorrenza».

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