la polemica

Multe: "Lavoro tanto, devo correre". D’Alfonso si scusa ma non troppo

Il governatore risponde in Consiglio regionale alle accuse di Febbo: «L’eccesso di velocità? Avevo un incontro con il viceministro. Il ricorso è a tutela dell’autista, ma vorrei pagare la sanzione»

PESCARA. «Mi scuso non accadrà mai più, ma presumo che le multe siano 12 e non una». Luciano D’Alfonso si alza in Consiglio regionale «affannato dalla volontà di volere rispondere» al «pluriassessore» Mauro Febbo e smonta, amplificandola, l’accusa per quell’unica infrazione per eccesso di velocità, con relativo ricorso al giudice di Pace, su cui è interrogato dall’esponente di Forza Italia (1.400 euro sull’autostrada Pescara-Roma il 1° agosto alle 6,42). E infatti la annega all’interno delle tante infrazioni a cui «è costretto» un presidente di Regione, «obbligato» a rincorrere, letteralmente, i dossier di cui si occupa (ma per inciso nota che nella legislatura precedente le multe furono 196). «Da presidente della Provincia», scandisce D’Alfonso, «ho fatto 200mila chilometri all’anno, da sindaco ne ho fatti 250mila, non conosco il conteggio in chilometri da presidente della Regione. Di dossier aperti ne vedo tanti. Mi sarebbe dispiaciuto se i miei 53 procedimenti fossero impattati su una condotta amministrativa che avesse portato solo all’incontro con la Coca Cola. Io ho fatto invece 554 interventi decisivi per il territorio».

Quello del 1° agosto è uno di questi, dice D’Alfonso. «Mi sarei sentito privo del diritto di rispondere se io quel giorno non avessi avuto l’impellenza di partecipare a una riunione con il viceministro De Vincenti, che non è un venditore di materiali edili di San Giovanni Teatino, ma la persona che ha per intero il dossier su Rete Gas Snam, il dossier sulle piattaforme e su Terna. Quella riunione era non sconvocabile, pena l’infruttuosità a danno dell'Abruzzo. Portavo in macchina, presumo senza autorizzazione», sottolinea con civetteria, «il rappresentante del comitato “No rete Snam” di Sulmona, Mario Pizzola. Credo fosse lui, ma certamente era un essere maschile», precisa. La velocità? Non l’ha decisa lui. «Mai mi sono permesso di imporre l’accelerazione o l’aumento della pesantezza del piede sul pedale per quanto riguarda la conduzione del mezzo. Per una sola ragione: in macchina approfitto per studiare i dossier. Mi adopero a rimediare in quel poco tempo che mi ritrovo. Ho lentezza nella comprensione e un grande carico di lavoro, e non ho trovato ancora una persona che mi aiuti in macchina».

Ma allora «perché non ti alzi prima? mi è stato suggerito anche da parte colleghi della maggioranza». Ebbene, risponde D’Alfonso, «il giorno prima eravamo rientrati io e l’autista all’una di notte essendo partiti alle 5 di mattina, e mi sono posto il problema che non potessi chiedergli un ulteriore allargamento del tempo di lavoro. Anche perché in maggioranza ho una sinistra turca che mi potrebbe sollevare il problema del diritto al riposo di chi lavora».

E comunque D’Alfonso chiede di nuovo scusa all’autista e alle forze dell’ordine («ho avuto anche il biasimo da parte di mia sorella che vive a Chicago. Mi impegnerò a evitare che le forze dell'ordine si debbano occupare del riordine della mia condotta»). C’è poi la questione del ricorso, prima al prefetto (respinto) e finalmente al giudice di pace, contestato da Febbo. «Nasce dalla tutela prevalente della condizione giuridica di colui che mi trasporta», spiega D’Alfonso. «Presumo che il giudice di pace valuterà, nella sua genuina attività, di cosa si tratta questa fattispecie». Quanto alla sanzione pecuniaria «mi farebbe piacere potere pagare per intero la multa», aggiunge il governatore, e quanto alle spese per l’avvocatura regionale impegnata sul ricorso, «sto facendo fare i conti da un avvocato esterno alla Regione e pagherò le spese per gli 11 minuti impiegati a scriverlo».

Febbo si è dichiarato «insoddisfatto».

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