Pensioni ai carabinieri, il sindacato di categoria: «Siamo i nuovi poveri»

11 Ottobre 2025

Tarallo (Usic): «Le forze dell’ordine prima della Legge Dini avevano una cassa privilegiata, ma ora avranno assegni da fame»

L’AQUILA. C'è anche l'altra faccia della medaglia. Quel peso specifico che fa spostare l'ago della bilancia, fornendo una lettura differente dei meri dati numerici e statistici – e proprio per questo asettici – documentati dall'Inps. «Le forze dell'ordine, da ricchi pensionati che prima della Legge Dini avevano una cassa privilegiata, saranno i nuovi pensionati da fame. Se in passato potevano essere considerati una sorta di casta, in quanto fino agli anni Novanta veniva loro riconosciuto un trattamento pensionistico di favore, con l'entrata a pieno regime della legge Dini, nel 1996, sono diventati i nuovi poveri. Ma poveri veri». A dirlo non è un nome qualsiasi.

Nell'inchiesta del Centro sulle pensioni delle forze dell'ordine entra anche Antonio Tarallo, segretario generale nazionale dell'Unione sindacale italiana carabinieri (Usic). Tarallo ci ha contattati per spiegare, con numeri e assegni pensionistici alla mano, che i dati Inps hanno anche una seconda lettura. Quella meno istituzionale, ma più politica. Quella che finisce dritta nelle tasche dei carabinieri, poliziotti, uomini dell'esercito e della guardia di finanza che vanno in pensione. Tarallo ha anche un collegamento diretto con l'Abruzzo: a lui si deve la sollecitazione che portò il Comandate generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, ad istituite il polo unico Inps a Chieti, il 1° ottobre 2017. Un polo di eccellenza che gestisce l'intero aspetto pensionistico dell'arma e dei militari.

Così, parlando e analizzando carte, si scopre che sì, le forze dell'ordine possono lasciare il lavoro a 57 anni con 35 di contributi, ma rischiano di prendere 1.200 euro lordi al mese, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, di dover aspettare due anni dal pensionamento per avere tra le mani il primo assegno pensionistico. Il discorso è lungo e complesso e va affrontato per gradi. «Le valutazioni dell'Inps sono parziali, in quanto prendono in considerazione l'avverbio di tempo, ma non di quantità», spiega Tarallo, «l'Inps, nei suoi grafici, si limita a dire quali sono i requisiti per accedere alla pensione, ma non fa una proiezione di quanto percepirebbero militari e forze dell'ordine andando in pensione a 57 anni di età con 35 di contributi. O, addirittura, se devono attendere uno o due anni per poter percepire l'assegno. I 57 anni di età sono collegati, infatti, all'anzianità di servizio, che è quella dei 35 anni, senza la quale non si arriva a percepire la pensione». C'è un secondo punto da sottolineare.

«La legge Dini del 1995 ha creato un nuovo sistema pensionistico ovvero il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, che prevedeva la previdenza complementare e quella integrativa. La previdenza complementare, che avrebbe dovuto compensare il raggiungimento economico previsto al quorum per la pensione», evidenzia Tarallo, «non è stata mai applicata alle forze dell'ordine portando un guadagno, per le casse dello Stato, di oltre 5 miliardi di euro di mancata erogazione di contribuzione, dal 1995 ad oggi. La stessa legge prevedeva, inoltre, il raggiungimento massimo del limite pensionabile a 67 anni per tutti, ma carabinieri, forza armate e di polizia, tranne che per i gradi più alti, hanno un limite ordinamentale stabilito in 60 anni massimi per lasciare il lavoro. Applicata in quel modo, la legge Dini sul personale in uniforme avrebbe portato ad una penalizzazione di sette in meno di contributi, poiché il limite ordinamentale massimo è di 60 anni di età, oltre i quali non si può restare in servizio». Per i militari e le forze dell'ordine è stata individuata una soluzione diversa.

«L'unica possibilità per andare oltre i 60 anni di lavoro è accedere alla posizione ausiliaria, che però vale solo per i carabinieri e le forze armate, non per la polizia, che ha un ordinamento civile», evidenzia il segretario nazionale Usic, «la legge Dini, di fatto, ha creato una forte speculazione ai danni delle forze dell'ordine: fino agli arruolati nel 1980 è stato riconosciuto il vecchio sistema retributivo, con una pensione molto buona, superiore all'ultimo stipendio. Con l'entrata in vigore del sistema contributivo, negli anni Novanta, tutti i lavoratori, comprese le forze dell'ordine, percepiranno una pensione che corrisponde ai contributi versati». È qui il discrimine. Tarallo spiega perché: «Andando in pensione a 60 anni o a 57 anni, nel caso in cui non si è graduati e si hanno 35 anni di servizio, si accumulano meno anni di contribuzione», dice, «poiché 5 anni di contributi sono solo figurativi, utili al raggiungimento del requisito, ma non ai fini economici pensionistici. L'assegno pensionistico si va a calcolare su 35-36 anni di contribuzione effettiva. Un range che, a conti fatti, garantisce una pensione di 1.200 euro lordi al mese, il 60% circa dell'ultimo stipendio».

Un carabiniere non graduato guadagna circa 2mila euro lordi, comprensivi di indennità fisse e accessorie, che non tutte utili al calcolo pensionistico. «Ma lo stipendio su cui si basa la pensione non è 2mila euro, bensì 1.700- 1.800 euro lordi», sottolinea Tarallo, «con il nuovo calcolo contributivo le pensioni saranno basse anche per chi andrà in pensione con il massimo. Oggi, con il sistema misto», aggiunge il segretario nazionale Usic, «un appuntato va in pensione con 1.700 euro lordi al mese; fra 5 anni con andrà con 1.200 euro lordi perché non ci sarà più la quota retributiva sulla quale si basa una parte di calcolo». E, a volte, ci si trova davanti ad un paradosso.

«Chi va in pensione con il massimo dell'età, a 60 anni», fa notare Tarallo, «ma non ha 35 anni di contribuzione non percepisce la pensione, non avendo raggiunto il numero minimo di anni che danno diritto all'assegno. Pertanto, deve restare ancora uno o due anni in servizio per raggiungere la contribuzione minima. Tanto è vero che il governo, nella prossima legge dei Bilancio, sta valutando di aumentare di due anni il limite dei 60 anni per le forze dell'ordine, su base facoltativa, portandolo a 62». Ma non è tutto. «Gli arruolamenti nelle forze dell'ordine non avvengono più a 18 in media, come un tempo, ma a 23-24 anni», fa notare Tarallo, «pertanto a 60 anni di età non si sono raggiunti i limiti previsti per ottenere le pensione. Infine, i militari e le forze dell'ordine che hanno 57 anni di età con 35 anni di contribuzione ma non hanno raggiunto, con gli anni di servizio, l'obbligo della finestra prevista e delle aspettative di vite indicate nella legge di Bilancio, possono accedere alle pensione, ma non percepisco l'assegno pensionistico e devono aspettare anche due anni per averlo». (3/segue)

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