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San Valentino, lo scalpellino che resiste da 20 anni alla modernità / Foto - Video

Silvino Di Giambattista, maestro della pietra della Majella, tra scultura e passione: "Un'arte da tramandare ai giovani"

Il maestro Silvino Di Giambattista non ama parlare molto, si vede che è un tipo schivo, parlano però i suoi occhi azzurri che sembrano illuminarsi quando gli si chiede della sua passione per la pietra alla quale da anni ormai dà forma ed espressione con mani e scalpello. Nato e vissuto a San Valentino in Abruzzo Citeriore racconta di aver sentito il richiamo dell'arte fin da ragazzo; all'inizio si è avvicinato alla pittura per approdare poi pian piano alla scultura con vari materiali, fino all'incontro fatidico con la pietra, quella pietra bianca della Majella che domina incontrastata tutto il territorio dell'alta Val Pescara e lo stesso centro di San Valentino. Nel paese c'è in realtà una lunga e florida tradizione di scalpellini che affonda le sue radici nella notte dei tempi.

All'inizio del secolo scorso sul posto vi erano varie cave e ognuna aveva i suoi maestri, figure che oggi sono tutte scomparse ma che avevano reso celebre il centro in tutto l'Abruzzo; esse venivano chiamate anche fuori regione, per realizzare manufatti in pietra per chiese e edifici pubblici. D'altronde fin dall'alto Medioevo San Valentino era conosciuto con il nome di Castrum Petrae, "Castello della pietra", si intuisce quindi come l'elemento principale del posto fosse proprio questa roccia sulla quale il paese si incastona, e come essa venisse sfruttata dagli abitanti del posto. Silvino non ha frequentato scuole d'arte, solo l'interesse lo ha spinto ad intraprendere questa strada. Da piccolo si recava spesso nelle botteghe degli antichi scalpellini del posto e se ne stava lì ad osservarli: «La cosa che mi incuriosiva di più» racconta «è che erano gelosi l'uno dell'altro e cercavano di tenere segrete le loro tecniche di lavoro».

Passione pura dunque accanto alla voglia di riscoprire le antiche tradizioni del posto e un vecchio mestiere che andava lentamente scomparendo. Sono ormai vent'anni che il maestro si dedica alla scultura: i suoi modelli sono quasi sempre la natura e gli animali della Majella, egli infatti dice di essere così profondamente innamorato dell'ambiente che lo circonda, da non poter fare a meno di imprimerlo sulla pietra. Il coraggio certamente non gli manca perché la scultura è diventata oggi anche il suo lavoro; a San Valentino ha aperto una bottega d'arte, una delle poche del genere in tutta la regione, chiamata "MajArte", con lo scopo di valorizzare l'artigianato artistico della Majella nelle sue varie espressioni. Insieme ad altri appassionati ha creato inoltre un'associazione, "De Lecto in Pietra", di cui egli stesso è presidente, che opera sul territorio regionale e che si propone di rivalutare l'antico mestiere e tutto ciò che di artistico la Majella può far nascere. Ogni anno partecipa a simposi di scultura in varie città italiane oltre che a mostre, fiere estive e laboratori all'aperto.

Quella dello scalpellino tuttavia non sembra essere una vita facile: il lavoro richiede costanza, precisione e dedizione assoluta; spesso si lavora in condizioni difficili: i piccoli oggetti possono essere realizzati anche nella bottega mentre le grandi opere si fanno all'aperto, d'inverno come d'estate, o direttamente sul posto in cui vengono commissionate. «Manca inoltre», spiega Silvino «un vero progetto di sviluppo, non si investe in questo settore e quindi non si riesce a promuoverlo. Come associazione ci piacerebbe avere una sede dove effettuare una mostra permanente, in cui gli artisti locali possano avere la possibilità di esprimersi e farsi conoscere; il centro servirebbe anche per attivare dei corsi per i ragazzi che vogliono avvicinarsi a questa attività, sembrerà strano ma sono veramente tanti coloro che mi contattano, anche tra i giovanissimi, perché interessati».

Dalle parole del maestro si intuisce insomma come possa essere oggi difficile vivere di questa attività che non ha molto mercato. «Ai tanti giovani che mi chiedono di questo lavoro non riesco a dare una risposta univoca; da un lato, rivolgendomi a quelli del posto, vorrei spronarli perché non venisse meno una tradizione secolare, ma dall'altro so che è un cammino molto arduo. Oggi c'è anche la concorrenza spietata dei prodotti industriali e d'importazione e c'è molta ignoranza nel settore: l'acquirente si trova davanti tanti articoli apparentemente simili e non capisce la differenza di valore tra un mio oggetto, sul quale magari ho lavorato per giorni se non mesi, e un calco prodotto in serie che si vende nelle bancarelle a pochi euro».

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