Slot machine, un gestore di Teramo: sistema distorto dai baristi

L'appello di un addetto ai lavori: è il sistema che è malato, serve il rispetto delle leggi

TERAMO. Il disastro del settore con la crescita a dismisura della dipendenza da gioco «è colpa dei baristi e dei gestori di apparecchiature senza scrupoli che ammalano il sistema, per lo più colossi quotati in Borsa o aziende straniere». Il principale distributore di videopoker della provincia di Teramo, Berlantino Marcotuli, interviene nel dibattito che l’iniziativa #Abruzzonoslot sta generando a diversi livelli in regione. E racconta il punto vista dall’altro lato della barricata, quello di un imprenditore che da 30 anni fornisce apparecchiature da gioco «cercando di farlo nel rispetto delle norme e del mercato». Un mondo che, però, sta cambiando in peggio, specie con la crisi economica che spinge tanti a tuffarsi nel campo delle slot machine «convinti di fare un guadagno facile e invece non è così».

La principale anomalia che Marcotuli registra suona quasi come una denuncia su un caso al limite della legalità: «I baristi chiedono a noi gestori di essere pagati per l’installazione delle slot, mettendoci in competizione, perché se ci rifiutiamo di pagare per piazzare una nostra macchina, veniamo esclusi». Un sistema che strozza gli imprenditori onesti, che ci guadagnano «20 euro (tassate) su mille euro di introito lordo». E proprio ieri è successo che il titolare di un locale di Giulianova, dopo 15 anni di lavoro con l’azienda Marcotuli, ha chiesto 15mila euro per installare videopoker. «Io ne ho offerti 14mila e quello, per tutta risposta, si è fatto mettere le macchine da un altro imprenditore».

L’imprenditore teramano, poi, interviene anche sulla campagna no slot, che «se da un lato salva il figlio del barista dal gioco d’azzardo, non salva il figlio del gestore onesto di videopoker». Evitare che il gioco d’azzardo diventi patologia per Marcotuli si può, «ma con buon senso e con il rispetto delle leggi e del mercato», spiega. Ad esempio, il decreto Balduzzi approvato nel 2012 introduce oltre ai limiti alla pubblicità, anche restrizioni alle slot machine nelle vicinanze delle scuole, e di tutti i locali «sensibili» (quindi anche le chiese, mentre a Roseto esiste una centro anziani a ridosso di una chiesa gestito dalle Acli, che ha ospitato tre macchine per il gioco d’azzardo fino alla denuncia del Centro). Oppure, ricorda ancora l’imprenditore dei videopoker, la norma secondo la quale non si possono installare fino a un massimo di 8 macchine per il gioco a seconda dei metri quadri di cui si compone un locale.

Marcotuli vuole lasciare, così, il suo contributo a una battaglia contro il gioco d’azzardo che, però, «non deve penalizzare noi imprenditori». «Fermo restando che ciascuno è libero di scegliere se giocare o meno», spiega, «è necessario ridurre il numero delle macchine nei bar, che invece ci obbligano a riempire ogni singolo spazio libero. Poi occorre abolire, dai luoghi in cui si gioca, la presenza di macchine cambia soldi. Sono quelle che, con un continuo ricambio dalla moneta alla banconota, impediscono un salutare intervallo di gioco. Le macchine restano sempre cariche di denaro». Infine, la proposta di creare un’associazione dei gestori in grado di negare le apparecchiature ai bar i cui titolari hanno un comportamento scorretto.

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