Spopolamento, l’Abruzzo dei centri fantasma: venti a rischio entro il 2080

Invecchiamento della popolazione e calo delle nascite le cause del fenomeno. Secondo il rapporto sono numerosi i comuni da Nord a Sud che rischiano di entrare in un declino irreversibile
Entro il 2080 i piccoli comuni potrebbero diventare un cumulo di mattoni e strisce d’asfalto tra le sterpaglie. In altre parole, centri fantasma. Tra questi, 20 borghi abruzzesi, da Montelapiano a Rosello sono territori a rischio a causa del forte declino demografico. È quanto mette nero su bianco il ministro Tommaso Foti che classifica, nel Piano strategico nazionale delle aree interne, quelli che potrebbero non sopravvivere, in base agli indici di vecchiaia, tassi di natalità, variazioni della popolazione e incidenze degli stranieri. Ma non solo. Rischiano di sparire i comuni “periferici” e “ultra-periferici”, con una distanza di circa 70 minuti di automobile dai grandi centri. Per questi, senza un’inversione di tendenza su popolazione e nascite, come ultima spiaggia, il Piano prevede un «accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». Nelle 164 pagine del Psnai - suddivise in 8 capitoli, 11 allegati e 13 tabelle – sono analizzate anche dinamiche economiche, infrastrutture e qualità dei servizi pubblici, accesso all’istruzione e al welfare, sanità e la qualità della vita, ruolo del turismo e del settore commerciale.
LA STRATEGIA NAZIONALE
La Snai per le aree interne è una politica pubblica che mira a promuovere lo sviluppo del Paese nei territori spesso marginalizzati e a rischio di spopolamento. Prende forma a partire dal periodo di programmazione 2014- 2020 e viene successivamente consolidata e potenziata nella programmazione 2021-2027 «con l’impegno di garantire un sostegno continuativo a questi territori attraverso l’integrazione di risorse nazionali ed europee», si legge nel documento. Per farlo, un approccio integrato - statistiche ufficiali e risorse - per adattare le politiche alle specifiche esigenze delle singole regioni. “Le strategie locali», si legge ancora, «devono promuovere partenariati tra autorità locali, regionali e con i privati per calibrare gli investimenti sulle necessità concrete di ciascun territorio. Una possibile risposta alla sfida demografica può pervenire anche da una maggiore cooperazione tra aree urbane e interne, evitando le politiche settoriali tradizionali. Le misure da adottare includono una pianificazione territoriale più sostenibile, investimenti in migliori servizi e una gestione condivisa delle risorse naturali, che possono favorire la crescita e la resilienza delle aree interne».
PARTECIPAZIONE DEI TERRITORI
I contenuti del Piano arrivano da una consultazione pubblica cominciata a luglio 2024 con un questionario sulla piattaforma digitale “ParteciPA”, in cui ai partecipanti è stato chiesto di fornire il loro contributo sulle priorità e gli ambiti di intervento, in particolare sugli interventi per migliorare i servizi. La partecipazione al questionario è stata promossa mediante invio di una nota a firma del ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e per il Pnrr ai Comuni ricompresi nelle aree interne perimetrate per il ciclo di programmazione 2014-2020 e per il ciclo di programmazione 2021-2027 per un totale di più di 1900 enti.
CENTRI, POLI E INTERCOMUNALI
I comuni interessati dagli interventi del Piano sono stati individuati tramite una mappatura del territorio italiano che ha in primo luogo individuato i centri, poli e poli intercomunali, secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali (istruzione, salute e mobilità) classificando i restanti comuni sulla base della distanza da questi. Nella nuova mappatura sono stati individuati 241 comuni (o Poli) e 59 intercomunali (aggregato di comuni confinanti) con le caratteristiche di “centri di offerta di servizi” in grado di offrire simultaneamente: un’articolata offerta scolastica secondaria superiore (presenza simultanea di almeno un liceo, un istituto tecnico e un istituto professionale); un ospedale sede di dipartimento di emergenza urgenza e accettazione (Dea) almeno di I livello; una stazione ferroviaria di livello Platinum, Gold o Silver. La classificazione della restante parte del territorio, a livello comunale, è stata elaborata in fasce di distanza dai Poli.
CLASSIFICA PER DISTANZA
La classificazione dei restanti comuni, elaborata nel 2020 grazie all’intelligenza artificiale ha mantenuto la distinzione in quattro fasce già indicate nel 2014: comuni di cintura, intermedio, periferico e ultra-periferico. Così raggruppati per distanza dal Polo: i comuni di “cintura” sono 3.828, il 48,4% (27,7 minuti di percorrenza in automobile); i comuni “intermedi” sono 1.928, il 24,4% (40,9 minuti); i comuni “periferici” sono 1.524, il 19,3% (66,9 minuti); i comuni “ultraperiferici” sono 382, il 4,8% (oltre 66,9 minuti). Con le aree interne che sono costituite dai 3.834 comuni classificati nelle ultime tre fasce e costituiscono poco meno della metà dei comuni italiani, il 48,5% del totale. Ma c’è di più. Le aree interne del mezzogiorno, secondo il ministero, rappresentano il 45% del totale dei comuni classificati come intermedi, periferici o ultraperiferici.
LO SCENARIO FUTURO
Tra 10 anni quasi il 90% dei comuni delle aree interne del mezzogiorno subirà un calo demografico, con quote che raggiungeranno il 92,6% nei comuni “ultraperiferici”. Le previsioni del medio periodo, inoltre, danno un quadro ancora in peggioramento, con quote di comuni in declino che, tra 20 anni, raggiungeranno il 93%. La situazione appare migliore per il centro-nord (con il 73,3% dei comuni in declino), confermando disparità esistenti tra aree che presentano le medesime condizioni di fragilità in termini di accessibilità ma che si trovano in aree geografiche diverse. Le previsioni Istat rilasciate nel 2024 (con base 2023) confermano il quadro di un declino diventato irreversibile entro l’orizzonte del 2080. Secondo lo scenario la popolazione residente scenderà dagli attuali circa 59 milioni a meno di 55 milioni nel 2050 fino a 46,1 milioni nel 2080 (con una perdita attorno ai 13 milioni rispetto al dato attuale). «Nessun comune», recita il documento, «ha di fronte un destino ineluttabile in relazione alle coordinate geografiche in cui si trova, ma sono molti i comuni che rischiano un percorso di marginalizzazione irreversibile per le dinamiche demografiche che li caratterizzano».
IL “PERCORSO IRREVERSIBILE”
Per questo, senza un’inversione di tendenza su popolazione e nascite, come ultima spiaggia, il Piano prevede tra gli obiettivi un “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”. La spiegazione è presto detta. «Un numero non trascurabile di aree interne», è spiegato nel documento, «si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita» conclude il paragrafo che ha scatenato l’ira dei sindaci abruzzesi.