Suicidio in carcere, è giallo

Il detenuto è rientrato in anticipo dalla licenza premio

SULMONA. Doveva essere per lui una Pasqua serena da trascorrere insieme ai suoi familiari. È diventata, invece, la sua via crucis: uscito venerdì mattina in licenza premio, è rientrato nel carcere la sera stessa per impiccarsi alla grata della sua cella. Una morte strana e piena di interrogativi quella di Romano Iaria, 54 anni, internato di Roma che riporta alla ribalta il grande stato di emergenza che si vive nel carcere di Sulmona.

Sovraffollamento dei detenuti e drammatica carenza di personale che secondo addetti ai lavori e sindacati sono i principali mali che hanno favorito i tanti episodi autolesionistici: 11 negli ultimi 10 anni, Due nel giorno del Venerdì Santo. Il 19 aprile del 2003 si tolse la vita l’allora direttrice del carcere, Armida Miserere, sparandosi un colpo alla testa con la pistola d’ordinanza.

Sulla vicenda sono state avviate due inchieste: la prima interna e l’altra da parte del sostituto procuratore, Maria Teresa Leacche. Molti sono i punti da chiarire: le motivazioni che avrebbero spinto l’uomo a togliersi la vita, a soli 6 mesi dalla libertà, ma anche se da parte degli agenti in servizio vi sia stato un adeguato controllo per impedire che l’internato potesse mettere in atto il gesto estremo. Sembra strano infatti che il detenuto non sia stato sottoposto a una sorveglianza più serrata, visto che era rientrato in carcere il giorno stesso, dopo che gli era stato concesso di trascorrere l’intero periodo delle festività di Pasqua insieme ai suoi familiari nella sua casa di Roma. Qualcosa o qualcuno lo avrebbe turbato a tal punto che Iaria ha preferito tornare nella sua cella a Sulmona piuttosto che restare libero a Roma. Un ritorno in carcere probabilmente segnato da un forte stato di malessere psicologico tanto da farla finita utilizzando un lenzuolo che ha poi legato alla grata della sua cella.

L’ora del decesso, secondo una prima ricognizione risalirebbe alle quattro di ieri mattina. A fare la triste scoperta è stato l’agente di turno che non ha potuto far altro che constatarne la morte. Ieri sindacati e parlamentari del Pd, sono tornati a chiedere la chiusura della sezione internati del carcere di Sulmona e l’istituzione del Garante dei detenuti. «La presenza degli internati non è compatibile con un carcere di massima sicurezza come quello di Sulmona» sottolinea Ivana Giardini della Cgil penitenziari, «si tratta di persone che avrebbero bisogno di un’assistenza sanitaria più attenta e di un controllo costante» aggiunge «nel carcere di Sulmona non sono garantite né l’una nè l’altra cosa a causa della mancanza di risorse per pagare il personale medico e per la carenza di personale».

Per l’Osservatorio permanente delle morti in carcere (Radicali e associazioni) «le ragioni degli ultimi suicidi sono da ricercarsi proprio nelle condizioni disperante dell’internamento nella Casa di Lavoro dove, nonostante il nome, di lavoro non ce n’é». Sempre per l’Osservatorio Iaria sarebbe stato un soggetto da tenere maggiormente sotto controllo in quanto «tossicodipendente e affetto da altre malattie gravi». «Il suicidio di Iaria é avvenuto nel contesto di un sovraffollamento penitenziario e in presenza delle gravi carenze negli organici della Polizia penitenziaria» interviene Donato Capece, segretario generale del Sappe, che denuncia l’inadeguatezza di organico e chiede l’immediata assunzione di 2mila agenti penitenziari da spalmare sul territorio italiano. «A Sulmona» aggiunge «dove i posti regolamentari nelle celle sono circa 300, abbiamo quasi 500 detenuti presenti. E se la situazione non si aggrava ulteriormente é grazie alle donne e agli uomini del Corpo che, in media, sventano ogni mese 10 tentativi di suicidio di detenuti».