«Tar, il conflitto va risolto»

Chiodi: non possiamo permetterci di tornare indietro

PESCARA. «Se io non vado avanti l'Abruzzo ritorna nel baratro e la prospettiva non lontana è un aumento delle tasse, che sarebbe dannosissimo oggi l'Abruzzo in questo momento di iniziale ripresa economica».

Gianni Chiodi parla da commissario alla sanità il giorno dopo il consiglio regionale straordinario chiesto dalle opposizioni dopo le sentenze del Tar Abruzzo che hanno aperto un conflitto istituzionale con il commissario ad acta e dunque con il governo. Le opposizioni chiedono ora la fine del commissariamento e il ripristino della sovranità del consiglio in tema di sanità attraverso l'approvazione di un nuovo piano sanitario.

Per Chiodi si tratta di una «discussione accademica». «La fine del commissariamento», spiega, «non lo decidiamo noi, bisogna invece convincere il governo dal quale ho ricevuto il mandato. E se mi si chiede quando finirà il commissariamento, io rispondo che finirà quando ci saremo meritati che finisca, perché il commissariamento non è la causa ma è l'effetto. E finirà dunque quando avremo portato il sistema in equilibrio».

Il problema sollevato dal Tar (un commissario non può agire in deroga a una legge approvata dal Consiglio) però esiste e non potrà essere aggirato. «Io ho detto al governo che sono vittima di un conflitto interpretativo tra quello che ritiene lo Stato e quello che sostiene il Tar. Il governo mi dice di fare ricorso al Consiglio di Stato e certamente lo farò, ma i tempi per un ricorso non sono utili alla nostra azione. Per questo ho chiesto al governo di risolvere il problema da un punto di vista normativo, dicendo che per le Regioni commissariate per effetto dell'articolo 120 della Costituzione, la legislazione regionale in contrasto con i piani operativi (che sono la prosecuzione dei piani di rientro), debba essere abrogata. Chiarendo che se non lo fa il Consiglio regionale, lo fa lo Stato».

Il problema delle sentenze, aggiunge Chiodi, «è che il Tar ha considerato il piano di rientro come un monolito. Ma quel piano, datato 2007, non può essere attuale perché, per esempio non contemplava i 360 milioni del buco scoperto lo scorso anno. Ragionare con quel piano scaduto significa salire su un cavalluccio a dondolo e stupirsi se non porta da nessuna parte».

Se non si riesce a uscire da questa impasse, se dunque non si risolve il conflitto aperto dal tribunale amministrativo, e se di conseguenza gli ospedali riconvertiti tornassero ospedali generalisti, come erano prima della riforma, Chiodi calcola un maggiore costo di 15 milioni nel 2011 e di 23 milioni nel 2012. Dunque l'interruzione di quella dinamica di minori spese, («ma non di tagli» precisa il commissario) che dovrebbe portare il sistema in equilibrio già a fine 2011.

Per Chiodi bloccare tutto sarebbe un paradosso: «L'Abruzzo era al collasso con un debito sanitario enorme e una spesa fuori controllo. In due anni, abbiamo raggiunto risultato straordinari come la riduzione del debito, che sottraeva quote di futuro e di speranza alle nuove generazioni, e la sostanziale stabilita dei conto della sanità». Conti in ordine dunque «per la prima volta nella storia e non si dica che avere i conti in ordine significa ridurre la qualità perché è vero il contrario: le regioni italiane che vantano una maggiore qualità sono proprio quelle in equilibrio finanziario. Tutto è stato possibile grazie al lavoro commissariale che ha peraltro adottato le nuove regole sulla qualità delle prestazioni sanitarie elaborate dal Ministero della salute e dall'Agenzia sanitaria nazionale confrontandosi continuamente con i più autorevoli organi in materia sanitaria ed attuando principi, modelli e regole standard presenti in letteratura da diversi anni e fatti propri dall'ultimo patto per la salute».

«Ogni decreto del commissario studiato per la realtà abruzzese e non teorico come molti inesperti l'hanno semplicisticamente definito», insiste il governatore, «è stato approvato dal tavolo congiunto del governo e delle regioni. Questa è la sostanza. Una sostanza che può essere riassunta in gergo giornalistico così: l'Abruzzo non è più una regione canaglia».

Un risultato raggiunto con atti «ritenuti necessari ed indispensabili per una migliore sanità a costi sostenibili per i cittadini», dice Chiodi, «sfidando tutti gli enormi interessi legittimi, ma particolari, che girano attorno alla sanità e che per anni ne hanno condizionato la gestione. Interessi politico clientelari, professionali, sindacali, economici, che negli anni passati avevano condizionato pesantemente gli organi esecutivi e legislativi regionali che avevano prodotto atti e leggi che li favorivano. Ecco i 35 ospedali, ecco la proliferazione dei reparti e dei primari, ecco le sei Asl e le sei strutture amministrative, ecco una rete laboratoristica che non ha eguali in Italia, ecco la moltitudine di strutture e strutturine accreditate, ecco i reparti doppioni, i primari senza reparto, la sanità privata senza regole e budget, i ricoveri inappropriati, le prescrizioni inappropriate. Per mantenere tutte queste sacche di privilegio e spreco, ci si era indebitati per le prossime due generazioni».

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