Tra don Aldo e Gasparri uno scontro al veleno

Il parroco di Antrosano, di Libera, aveva invocato i domiciliari per Berlusconi L’ex ministro minaccia querele e chiede al vescovo di cacciarlo a calci nel sedere
AVEZZANO. Aldo e Maurizio, il prete “comunista” e il “nostalgico” del Duce. Il sacerdote dalla penna affilata come un rasoio e l’ex ministro fido scudiero di Berlusconi. Un duello più rustico che rusticano, combattuto a suon di lettere e minacce di querele e calci nel sedere. Da un lato don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, firmatario della petizione promossa da Micromega che chiede i domiciliari per Berlusconi, dall’altro l’onorevole Maurizio Gasparri, ex ministro e già “colonnello” dell’Alleanza nazionale di Fini, salito con gli onori sulla carovana del Berlusca una volta sancito il divorzio tra Forza Italia e An, alleanza liquefattasi nel Pdl. Don Aldo ha scritto che «un delinquente patentato può evitare di scontare la pena – attraverso l’affidamento ai servizi sociali – solo nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento contribuisca alla rieducazione del reo».
Gasparri non ha gradito l’iniziativa di un «prete fazioso». «È davvero sconcertante che un appello di MicroMega per Berlusconi in galera sia firmato anche da un parroco», ha sottolineato Gasparri, «tale don Aldo Antonelli, paradossalmente responsabile per l’Abruzzo dell’associazione Libera. Mi auguro che il parroco di Antrosano possa recuperare la via del buon senso anche in virtù della sua funzione religiosa. Tuttavia, che ci sia la sua firma, la dice lunga sull’intollerabile grado di faziosità che corrompe alcuni settori della società italiana». A rendere la sua invettiva ancora più colorita l’invito al vescovo «a cacciarlo a calci nel sedere».
Siccome don Aldo non è uno che tira indietro la gamba, tra una messa e l’altra si è messo al computer ed ecco servita una lettera a Gasparri dettagliata e con citazioni “storiche”: «Ricordo l’assedio fascista alla Camera del primo aprile 1993, quando con un centinaio di giovani neofascisti bloccaste per 50 minuti l'ingresso di Montecitorio, al grido “Ma che Democrazia, ma che cristiana!”. Ricordo i suoi voltagabbana con Di Pietro che lei affermò essere “migliore di Mussolini”, addirittura un “mito”, per poi fare retromarcia quando lo vide approdare presso ben altri lidi. Ricordo la legge sulla Tv che porta, appunto, il suo nome; legge smaccatamente pro-Mediaset, che ci è costata la bocciatura sia del capo dello Stato, in quanto incostituzionale nella sua prima stesura, sia della Corte Europea di Lussemburgo per i diritti negati al mio compaesano signor Di Stefano di Europa7, sia dalla Commissione Europea che ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia per violazione di pluralismo. Di quella legge il suo camerata-rivale Storace ebbe a dire "Gasparri non solo non l'ha scritta, ma non l'ha neppure letta"!».
Il prete comunista chiude “in bellezza”: «Si capisce bene anche la sua sviscerata affezione al saluto romano. Intervistato da Claudio Sabelli Fioretti, il 10 maggio 2002, affermò: “Dal punto di vista igienico è meglio della stretta di mano. Mi tocca stringere centinaia di mani, sudate, calde, sporche. E al Sud, addirittura il bacio. Il saluto romano è più pulito. Dovrebbero imporlo le Asl, per evitare contagi”. Ecco il suo amore per la gente, tradotto e tradito dalle tue stesse parole! Vuole querelarmi? Si accomodi pure: mi offrirà sul piatto d’argento la possibilità di diffondere questo ed altro ad un ben più ampio pubblico».
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