Via alle start up della Fira, in ballo 400 posti di lavoro in Abruzzo

La Regione socia di 18 matricole imprenditoriali attraverso la società finanziaria Tante idee, quasi tutte incentrate sulla Rete: «Ma noi abbiamo soldi e capacità»

Possono generare un indotto, hanno fatto sapere dalla Regione, pari a 400 posti di lavoro, i 14 milioni di fondi Por Fesr (fondi europei di sviluppo regionale) investiti finora da Fira (Finanziaria regionale) in 18 start up abruzzesi.
Le 18 matricole alla partenza nel mondo imprenditoriale hanno preso vita con Start Hope, il progetto bandito l’anno scorso per dare uno sprone alle nuove idee. Ma entro la fine dell’anno le nuove imprese diventeranno più di venti, considerato che dovranno essere impiegati gli ultimi 4 milioni. Con la Regione nel ruolo di partner in affari e di sostegno.

Gìà, poiché è dopo il primo vagito, che si apre la «Valle della morte», com’è stato chiamato ieri – in una tavola rotonda svolta al porto turistico in occasione della presentazione delle 18 imprese – il periodo che segue l’inizio dell’attività.

E i numeri, tanto per fare gli scongiuri, sono impietosi. «Due su dieci sopravvivono dopo la nascita», sentenzia il mentor di quest’iniziativa della Regione, realizzata con un’operazione di ingegneria finanziaria, come l’applicazione di un fondo di rotazione (e con la partecipazione diretta nelle società, che può andare dal 15 al 45%), Giovanni De Caro. Ma le speranze sono alte. «Noi raddoppieremo», dice sicuro infatti De Caro. Anche perché, conti alla mano, spiega sempre il responsabile di Tech Hub, «basta la sopravvivenza di sole due imprese appena nate, per andare in pareggio con tutti gli investimenti effettuati, contando quindi anche le altre imprese che non ce l’hanno fatta».

Dunque, rischio zero, per la Regione, nelle parole di De Marco. E poi, la ricetta per non fallire, argomento centrale nel dibattito movimentato dal giornalista Riccardo Luna, al quale hanno preso parte, oltre a Rocco Micucci, presidente Fira, il vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli, ed esperti quali Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia. Il kit di sopravvivenza si trova, argomenta Arcuri, «nella relazione che si instaura tra il mercato e il capitale, tenendo conto che si tratta di attività che hanno bisogno di tempo». Ma non è solo una questione di soldi: «Ho conosciuto persone che non avevano soldi, ma le capacità. E ce l’hanno fatta. E ho conosciuto gente che aveva i soldi, ma non le capacità. E non ce l'hafatta».

Un vademecum da tenere a mente, per i nuovi imprenditori, arrivati per metà dall’Abruzzo. Con progetti che spaziano soprattutto nella Rete, come le piattaforme che permetteranno a chiunque di ordinare «cibi leggendari» da laboratori artigianali, la versione e-commerce del negozio di pesca che aiuta a scegliere l’attrezzatura, e la biotecnologia applicata alla tecnologia per la cura dei tumori.

Vito de Luca

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