Vigili del fuoco, stesse regole degli altri ma le pensioni sono più leggere

Il Conapo: «Equiparazione economica solo dal 2020, serviranno anni per colmare il divario». Valgono le norme previste per gli altri Corpi dello Stato, ma gli stipendi sono stati a lungo più bassi
L’AQUILA. Nel mosaico delle pensioni del comparto sicurezza e soccorso pubblico, di cui il Centro si sta occupando in questi giorni con un’inchiesta esclusiva, quella dei vigili del fuoco è la tessera più complessa da collocare. Perché le regole oggi sono identiche a quelle di polizia, carabinieri e penitenziaria, ma gli effetti economici restano diversi. Lo spiega Stefano Salvato, coordinatore nazionale ufficio pensioni e pensionati del Conapo, il sindacato autonomo dei vigili del fuoco: «La vera penalizzazione non è l’età di uscita, ma l’importo. Per decenni siamo stati sottopagati rispetto agli altri Corpi e questo inevitabilmente pesa sul montante contributivo e sull’assegno finale. L’equiparazione economica è arrivata solo nel 2020, con un intervento straordinario da circa 165 milioni di euro deciso dal governo Conte».
Fino a quella data, spiega Salvato, a parità di qualifica un vigile del fuoco percepiva in media tra i 200 e i 300 euro in meno al mese rispetto a un pari grado della Polizia. «Stesso rischio, stesso orario, ma stipendi più bassi. Questo ha significato minori contributi previdenziali e quindi pensioni più leggere. L’adeguamento salariale ci ha portati finalmente allo stesso livello retributivo, ma serviranno anni prima che si rifletta sulle pensioni». Sul piano normativo, invece, non ci sono differenze: «Tutti i Corpi dello Stato» precisa Salvato «sono soggetti alla stessa legge. La pensione anticipata scatta a 58 anni più un anno di aspettativa di vita e un altro di finestra mobile, quindi a 59 anni effettivi, con almeno 35 anni di contribuzione. In alternativa, si può maturare il diritto con 41 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età, più 15 mesi di finestra mobile. Per la pensione di vecchiaia l’età è di 60 anni per la base operativa e 65 per i dirigenti».
La differenza sostanziale, sottolinea Salvato, riguarda le cosiddette “maggiorazioni di servizio”, i cinque anni di scivolo che altri Corpi hanno maturato negli anni Ottanta e che i vigili del fuoco non hanno mai avuto, «tranne i reparti aeronaviganti e nautici, che usufruiscono di un anno ogni tre. Per tutti gli altri, i nostri trent’anni sono trent’anni veri, non 25 più 5 regalati». Un altro elemento di rilievo è il cosiddetto “moltiplicatore”, beneficio riconosciuto a chi va in pensione di vecchiaia che comporta un aumento del montante contributivo accantonato pari a 5 volte l’imponibile degli ultimi 360 giorni di servizio. «Se un vigile o un qualsiasi appartenente ad un Corpo dello Stato sceglie di lasciare il servizio in anticipo, questo vantaggio non si applica e il trattamento risulta inferiore di circa 200 euro netti al mese. Non è una penalizzazione, ma un disincentivo a uscire prima».
Salvato respinge poi alcune “leggende”: «Non esiste alcuna “indennità d’arma”. Le voci stipendiali sono identiche per tutti: indennità di rischio, assegno di funzione che per i vigili del fuoco si chiama assegno di specificità e indennità pensionabile. A parità di qualifica oggi un vigile del fuoco percepisce lo stesso stipendio della Polizia di Stato». La fotografia previdenziale del Corpo racconta una parità formale solo recente, costruita dopo anni di battaglie portate avanti in modo particolare dal sindacato Conapo. «Oggi le regole sono uguali, ma le pensioni no», conclude Salvato. «Ci vorranno almeno vent’anni perché gli effetti dell’equiparazione si vedano. Nel frattempo, i vigili del fuoco continueranno a fare quello che hanno sempre fatto: servire lo Stato con professionalità e spirito di sacrificio, anche se spesso con meno riconoscimenti di quanto meriterebbero». (4/fine)
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