Wwf: fiumi sempre più inquinati

Pessime le condizioni di Tavo, Piomba e Vibrata. Si salva solo il Sangro


PESCARA. L'Abruzzo «regione verde d'Europa» è lontano, molto lontano dagli obiettivi di qualità indicati per il 2015. E' il «dossier fiumi 2010», elaborato dal Wwf sui dati 2009 dell'agenzia per la tutela ambientale (Arta), a certificare quella che si delinea come una sconfitta cocente.

In Abruzzo, aumenta la quota dei punti di campionamento non conforme alla norma, con il 63 per cento delle stazioni di monitoraggio che registra una qualità non corrispondente allo stato «buono» o «elevato». Preoccupa la tendenza al peggioramento rispetto al 2008, nonostante il 2009 sia stato un anno abbastanza piovoso. Dal Wwf, arriva una richiesta chiara: «La Regione vari subito un piano di tutela delle acque rigoroso e non elusivo».

Lo studio dei corsi d'acqua viene svolto dal 2004. L'Arta ha allestito una rete di oltre 100 stazioni di monitoraggio lungo i fiumi per misurare parametri chimico-fisici e batteriologici. L'integrazione dei dati permette di collocare ogni stazione in una delle cinque possibili classi di qualità: pessimo, scadente, sufficiente, buono, elevato.

Le condizioni peggiori (stato «pessimo») sono state riscontrate nei fiumi Tavo, Piomba e Vibrata. Altre situazioni di forte criticità (stato «scadente») riguardano i fiumi Imele, Raio, Aterno, Pescara, Alento, Riccio, Feltrino, Arielli, Moro, Osento e Tordino. Tra i fiumi più grandi, preoccupa lo scadimento delle acque del Trigno, che in due stazioni del tratto intermedio è passato da «buono» a «sufficiente». Solo il fiume Sangro è sugli standard di qualità europei, perché in quasi tutte le stazioni è nello stato «buono». Non è un caso che la lontra sia ancora presente in questo fiume.

Provincia di Chieti. Se il Sangro e il Trigno sono caratterizzati da andamenti opposti, sempre difficile è la situazione dei corsi d'acqua più piccoli. La zona di Ortona concentra 5 dei fiumi con maggiore criticità: Feltrino, Moro, Alento, Riccio e Arielli. Tutti sfociano nel mare del futuro parco della Costa teatina, tutti sono «scadenti».

Provincia dell'Aquila. Neppure le aree montane segnalano condizioni brillanti. Il 60% delle stazioni collocate nell'Aquilano resta lontano dalla dagli indici di qualità migliori, nonostante i fiumi scorrano su aree montane e altocollinari poco antropizzate Così l'Imele e l'Aterno, nei dintorni dell'Aquila e Roio, si mantengono in uno stato scadente.

Provincia di Teramo. Nel 2004, il Teramano si presentava come la zona peggiore per la qualità dei fiumi. Pur mantenendo situazioni di enorme criticità (Vibrata e Piomba) e restando lontana dagli obiettivi europei, è qui che si segnala un recupero. Rilievo non casuale. Teramo è stata la prima provincia ad attivare un programma di controllo dei depuratori.

Provincia di Pescara. Al contrario, Pescara mostra una consolidata tendenza al peggioramento con il 70% delle stazioni di rilevamento che sono fuori dall'obiettivo europeo. Anche il fiume Pescara vede deteriorare la condizione nel tratto intermedio di Popoli.
«La Regione deve ancora approvare il piano di tutela delle acque» rimarca Augusto De Sanctis, del Wwf Abruzzo, «nonostante le attività siano state avviate nell'ormai lontano 2001. Questo piano assume un valore strategico, non solo per l'impatto che dovrà avere sulla qualità dell'ambiente in cui vivono gli abruzzesi ma anche per tutte le attività economiche considerate strategiche: turismo, agricoltura e industria».

Il reponsabile del Wwf è critico anche sulla bozza di piano che contiene le norme tecniche di attuazione. «Bozza presentata solo di recente», prosegue De Sanctis, «e solo dopo forti insistenze, malgrado le norme comunitarie prevedano il coinvolgimento di enti e portatori d'interesse sin dalle prime fasi di redazione del piano. Un modo per condividere gli obiettivi ed evitare conflitti».

Per il Wwf, il piano è inaccettabile perché «sostanzialmente cerca di eludere l'obiettivo europeo del 2015. La richiesta di derogare a questo obiettivo è generalizzata e non si pongono neppure limiti temporali certi per riqualificare i fiumi e difendere la biodiversità. E' un atteggiamento molto grave», insiste De Sanctis, «perché la Regione Abruzzo pare non volersi assumere chiare responsabilità nei confronti dell'Unione Europea».

Il movimento ambientalista elenca quelle che invece dovrebbero essere le scelte di un territorio che, al di là degli slogan, voglia davvero coltivare l'ambizione di diventare una «regione verde» e vincere la concorrenza di altre zone del Mediterraneo dove gli standard europei vengono osservati con scrupolo. «Sono necessarie scelte in linea con le politiche internazionali, condivise con la comunità abruzzese», sottolinea De Sanctis, «bisogna tornare a essere quel che eravamo, quando nei nostri fiumi si poteva fare il bagno».

Già, ma da dove si può cominciare per ristabilire un habitat accettabile dei fiumi?
«Da un lato, rivedere radicalmente le modalità di depurazione attraverso interventi strutturali e con l'applicazione di controlli severi. Dall'altro, è necessario garantire rigorosamente un deflusso minimo vitale, calcolato in maniera più conservativa rispetto a quanto è stato fatto dalla Regione».

Il deflusso vitale è la portata d'acqua minima di un fiume, sotto la quale il fiume muore dopo aver perso tutte le capacità di autodepurarsi. Ma accade che I fiumi d'Abruzzo sono spesso ridotti a rigagnoli, soprattutto verso le foce, a causa di captazioni selvagge. Fuori da ogni regola. «Non vorremmo», avverte De Sanctis, «che sugli obiettivi di qualità che interessano tutti i cittadini e l'ambiente abruzzese prevalgano i grandi interessi connessi allo sfruttamento intensivo delle acque».

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