Affitti brevi e stracchino

L’editoriale del direttore sull’aumento tasse: «Questa modifica del governo induce anche una domanda banale: perché mai si dovrebbe pagare una sovrattassa del 5% per il fatto di ricorrere ad un intermediario? Quale sarebbe la colpa o il comportamento svantaggioso da meritare una tassa?»
Avete capito come è andata a finire, ieri, la commedia degli “affitti brevi” nella manovra? Io, lo confesso, ci sono rimasto male, e ne scrivo perché mi pare una vicenda esemplare per spiegare come funziona, per i cittadini semplici, nel tempo della politica gassosa. Ieri – per dire – leggendo la presa di posizione del coordinatore azzurro avevo appena finito di ripetere a me stesso: «Però, che grinta Tajani!».
Il numero uno di Forza Italia, infatti, aveva detto e ripetuto con parole inequivocabili di non essere d’accordo con la proposta di aumento tasse proposta dalla sua stessa maggioranza nella nuova finanziaria. Di più: «L’innalzamento delle tasse sugli affitti brevi? Noi», spiegava, «non lo voteremo mai». Fantastico. Duro, chiaro, intransigente. Sono passate meno di 24 ore e la maggioranza ha trovato l’accordo: la tassa aggiuntiva resta nel testo, e passerà, proprio come era stato annunciato dal 21% al 26%. Inutile dire perché aveva ragione il Tajani uno, quello del «non voteremo mai» e non il Tajani due, quello che a quanto pare ha rinunciato alla sua battaglia (il voto in Parlamento, infatti, avviene da anni con la fiducia su un maxi-emendamento blindato). Restiamo dunque ai motivi: 1) Per un liberale di Forza Italia una nuova tassa dovrebbe essere sempre e comunque una bestemmia. 2) Per un liberale di Forza Italia peggio ancora dovrebbe essere una nuova tassa – come questa – destinata a colpire un individuo che costruisce una sua impresa, impegnando un suo capitale di rischio: che accetta una cedolare secca, al 21%, perché non può dedurre nessun costo, e che invece si trova tassato, in questa manovra, per fare cassa. 3) Peggio ancora è se dopo aver detto “mai”, in meno di un giorno il leader liberale che si era opposto alla tassa sacrilega cambia idea e la approva. Anche perché il compromesso è davvero una foglia di fico: resteranno al 21%, dice la nuova bozza, tutti quelli che trovano i loro clienti senza ricorrere ad Air B/B, Booking, o altri intermediari digitali. E indovinate quanti sono, quelli che appartengono a questa categoria? Il 90% del totale.
Ma questa modifica del governo induce anche una domanda banale: perché mai si dovrebbe pagare una sovrattassa del 5% per il fatto di ricorrere ad un intermediario? Quale sarebbe la colpa o il comportamento svantaggioso da meritare una tassa? Non chiedetevelo: è davvero una scelta priva di qualsiasi senso. Ovvio che chi affitta una stanza, per esempio a Lettopalena, fa bene ad attrarre un turista olandese, turco o cinese con Air B/B: e come tutti sanno, paga già al suo “host” (li chiamano così) una commissione del 5% più Iva. Per di più questo intermediario è utilissimo allo Stato, perché raccoglie le tasse al suo posto. Fino ad un anno fa, quando questo non accadeva, l’evasione fiscale degli affitti brevi era altissima. Ed ecco ricapitolato cosa accadrà oggi con la nuova norma, se viene approvata come la propone il ministro Giorgetti: se affitti una stanza a 100 euro, paghi 26 euro allo Stato (cedolare secca), paghi un po’ più di 6 euro al sito che ti ha portato al cliente (e che versa lui la tua tassa allo Stato), ne paghi mediamente 10 euro di servizi e di tasse varie, più 10 euro di bollette. Poi c’è il tuo lavoro, e alla fine, se ti va bene, ti restano in tasca 30 euro. Ha commentato un giornalista di centrodestra, nonché liberale, come Nicola Porro: «È un provvedimento da comunisti, roba da Unione sovietica!».
Avrebbe avuto una qualche logica – semmai – tassare chi svolge una attività mascherata da albergatore, fingendosi Air B/B, facendo concorrenza sleale su suoi competitori: ci sono società o singoli che collezionano anche 100 appartamenti ufficialmente destinati Air B/B. E questi albergatori mascherati, sono proprio quelli che svuotano i centri storici dei loro abitanti, e fanno indirettamente lievitare il mercato degli affitti nelle città italiane. Non certo i tantissimi gestori di affitti brevi che garantiscono la possibilità di pernottare in tantissime località dove non esiste l’alternativa di un albergo.
Colpire i furbetti era facilissimo: bastava imporre la nuova tassa a tutti quelli che hanno più di uno, tre o dieci (scegliete voi la soglia) appartamenti messi a reddito. Bastava salvare dalla sovrattassa le famiglie e gli imprenditori veri.
Ma Tajani non ha mediato o non è riuscito a mediare: siccome lo scopo del governo “Basta tasse” stavolta era semplicemente quello di mettere una nuova tassa, e non certo quello di regolamentare un mercato, è andata a finire così: hanno messo la tassa e hanno fatto cassa. È in questo modo che abbiamo imparato di nuovo una regola antica: in Italia, chiunque governi, bastona volentieri i più deboli, che non sono difesi da nessuno, piuttosto che i più forti (in questo caso quelli con trenta appartamenti) che sono sempre difesi da qualche lobby. Poi abbiamo imparato un’altra cosa, sul simpatico Tajani: un suo granitico “Mai” va interpretato: è un “Mai” che dura meno di un litro di latte fresco. Meno di 24 ore. Meno di uno yogurt. La politica del no granitico, quando fai la prova del cucchiaio, ha la consistenza di uno stracchino.