Il ballo del governo sulle nostre pensioni

L’editoriale del direttore sul sistema pensionistico in Italia: «Fate attenzione. Il ballo del governo è un segnale drammatico che ci dice molto sul futuro che ci aspetta»
<RA@FILO-0.5,0,3,0,0,0,0,0>di LUCA TELESE
Fate attenzione. Il ballo drammatico del governo sulle pensioni, e la storia incredibile dell’emendamento presentato (e poi soppresso in sole ventiquattr’ore), dopo una sanguinosa guerra civile nella Lega e nel centrodestra, è un segnale drammatico che ci dice molto sul futuro che ci aspetta.
Per capire cosa è accaduto occorre un riassunto delle puntate precedenti: a tre giorni dal voto in Senato il governo (che ha una maggioranza blindata) propone un emendamento che, all’ultimo minuto della partita, introduce quattro varianti sulla materia previdenziale, tutte peggiorative rispetto legge Fornero: la prima è un innalzamento di più di un anno dell’età pensionabile. La seconda prevedeva l’allargamento da tre a sei mesi, della cosiddetta “finestra” in cui si rimane senza stipendio e senza pensione al momento del congedo. Salta anche un’altra norma facilitativa sull’uscita dal lavoro: consentiva ai lavoratori in regime contributivo di sommare anche la rendita dei fondi complementari per poter andare in pensione di vecchiaia a 64 anni (a patto di avere almeno vent’anni di contributi). C’era infine una norma che imponeva il passaggio del tfr – la cosiddetta “liquidazione” – ai fondi integrativi, anche solo con il silenzio assenso. Un trucco odioso, soprattutto per i più giovani. In pratica, il lavoratore può essere costretto a rinunciare al suo “tesoretto” in contanti senza neanche aver espresso un parere.
Infine c’era la modifica più controversa, quella su cui persino la Meloni, dopo solo un giorno, aveva annunciato la retromarcia: un altrettanto odioso taglio di quasi due anni a chi aveva riscattato la propria laurea, spesso pagandola a caro prezzo.
Bene, dopo alcune scuse inverosimili (sono state le manine della ragioneria dello Stato all’insaputa della politica, diceva qualcuno), nelle ore in cui questa misura balla si scopre che i più grandi oppositori dei tagli sono alcuni parlamentari della Lega, fra cui il responsabile economia Claudio Borghi (in questo caso Dio lo benedica), ma si scopre anche che il padre della “manovrina” taglia-previdenza sono il ministro Giancarlo Giorgetti e i suoi uffici. Ieri il ministro si è spinto sino a scherzare su questa piccola guerra civile: «Dimettermi? Magari! Così mi riposo…», e le misure vengono cancellate dopo i primi segnali furibondi da parte di elettori, opposizioni e opinione pubblica. Incidente chiuso? Mica tanto. Il primo segnale che questa vicenda ci lancia è che i conti sono al fondo del barile, i dieci miliardi l’anno di spese militari aggiuntive funzionano come un pompa idrovora sui conti pubblici. E così c’è un disperato bisogno di fare cassa tagliando alla cieca con il machete nei conti dello Stato. Il secondo allarme è sulla previdenza: il modello non regge, i vincoli di bilancio sono immutabili (l’Europa colpevolmente rinuncia al rigore solo sulle armi) e la politica non ha la forza di fare una nuova riforma organica. Dovremmo spiegare agli italiani che le stesse regole non possono valere per tutti, che bisogna definire i lavori usuranti e modulare diverse finestre a seconda delle condizioni sociali, lavorative e anagrafiche. E invece cosa si fa? Si cerca di far finta di nulla, e poi si continua ad alzare l’età di uscita dal lavoro (per il meccanismo automatizzato che nella Fornero è legato alla crescita dell’aspettativa di vita). Infine, quando bisogna fare cassa, si ricorre al taglio orizzontale e dunque cieco. Togliendo a tutti in modo indifferenziato e facendo strage persino di diritti già acquisiti: ma se tu hai pagato 50mila euro per riscattare i tuoi contributi, come si può immaginare di toglierti due anni di pensione che ti sei letteralmente comprato? Questi sono i paradossi che la politica non riesce a risolvere, l’ultimo è ancora più amaro: si sposta l’asticella dell’età pensionabile per fare cassa (già adesso è la più alta d’Europa), ma poi non si sa cosa fare della generazione “precaria” (i sub-cinquantenni che non rientrano nella riforma Dini) che non avrà contributi continuativi, e che tuttavia sarà la prima della nostra storia ad andare in pensione con il contributivo puro (prendi di pensione solo la capitalizzazione di ciò che hai versato). Un manicomio, come è evidente. E alla fine molto di quello che usciva dalla porta rientra dalla finestra: resta dunque il silenzio-assenso sul Tfr, viene tagliato il nodo dei lavoratori usuranti, si taglia l’anticipo pensionistico sui lavoratori precoci. Non è curioso che a realizzare tutto questo siano coloro che avevano chiesto (e raccolto) voti per abrogare la legge Fornero?
