L’intervista

Le parole al veleno di Lucetta Scaraffia: «Ma quali riforme! Il Papa sulla guerra in Ucraina ha preferito i russi»

24 Aprile 2025

La storica e giornalista: «Francesco, con un'abilità davvero straordinaria, è riuscito a farsi conoscere, apprezzare, e addirittura amare fuori della Chiesa. Anzi, soprattutto fuori»

Tra gli storici della Chiesa è la più affilata. Puntuale, coraggiosa e anticonformista, Lucetta Scaraffia non si è accalcata, neppure in queste ore di lutto e commozione mondiale, alle folle che versano melasse e mieli sul catafalco del 267° Papa della Chiesa di Roma, Francesco.

Che papato è stato quello di Papa Francesco, in sintesi?

«In estrema sintesi, è stato un Papato d'immagine».

Un po’ meno in sintesi?

«Dodici anni costruiti sulla rappresentazione stessa del Papa. Fortissima. Un'immagine che è piaciuta molto al mondo e, curiosamente, soprattutto al mondo non cattolico. Papa Francesco, con un'abilità davvero straordinaria, è riuscito a farsi conoscere, apprezzare, e addirittura amare fuori della Chiesa. Anzi, direi soprattutto fuori della Chiesa».

Questa è stata la sua principale qualità?

«Ahimè, sì. Soprattutto perché Francesco ha affrontato problemi politici che coinvolgevano tutto il mondo. Da quello dell'emigrazione a quello dell'ecologia e dell'inquinamento del mondo. Si tratta di questioni squisitamente politiche e oggettivamente planetarie e questo pontefice non si è certamente tirato indietro dall’affrontarle».

Cosa ha fatto?

«Quello che un Papa può fare, in materia. Ha dato degli allarmi, ha segnato delle strade e indicato una rotta. Da questo punto di vista, sicuramente, è stato un Papa molto importante, anche se purtroppo – e curiosamente! – ha accentrato tutto nelle sue mani».

Curiosamente perché? È pur sempre un monarca assoluto.

«Senza dubbio. Ma Bergoglio è stato il Papa che più di tutti i pontefici ha posto come fulcro della propria azione la sinodalità, la partecipazione di tutti i fedeli alla vita della Chiesa».

E invece?

«E invece ha scelto di accentrare qualsiasi decisione. Tutto è passato dalle sue mani: dalle scelte di Governo, con una Curia sostanzialmente esautorata e marginalizzata, alla comunicazione. I giornalisti trattavano direttamente con lui, ad esempio. Per non parlare dei libri, che sono un aspetto di una certa innovazione per un Pontefice romano».

Perché?

«Perché i Pontefici hanno tradizionalmente strumenti precodificati. Motu proprio, Lettere encicliche, Costituzioni e via discorrendo. Invece Francesco ha scritto molti libri, o libri interviste. E tutti dedicati ad uno stesso argomento».

Quale?

«La sua vita. Anche questo aspetto segna una novità. Francesco ha costruito la propria immagine con le proprie mani. Poi, in ogni libro, c’era un pezzettino di novità, un particolare aggiuntivo, un nuovo aneddoto».

Lei parla di un papa accentratore. Però il pontificato, pur se a base elettiva, è una monarchia assoluta. Come gli altri suoi predecessori, Bergoglio ha esercitato le prerogative legate al munus petrino, no?

«Dopo le azioni di riforma della Curia, volute da Paolo VI soprattutto, ma anche da Giovanni XXIII un po' prima, il Papa è sempre stato affiancato da organismi consultivi a cui venivano affidati dei compiti specifici».

Per esempio?

«La Segreteria di Stato, per dirne una. Un’istituzione che si occupava dei rapporti con l'estero con una notevole autonomia. Naturalmente, ça va sans dire, c'era un'indicazione generale del Papa ed una linea politica concordata col Pontefice. Ma di fatto la Segreteria di Stato assumeva iniziative e disegnava strategie».

Bergoglio l’ha depotenziata?

«Nell’ultimo decennio il Papa ha condotto personalmente la politica estera, ha scavalcato completamente la Segreteria di Stato e la ha messa pure in difficoltà diverse volte».

Come?

«Smentendola e affermando politiche contrarie a quelle assunte dalla Segreteria. E lo ha fatto continuamente. Basti pensare all’atteggiamento sulle guerre. Sia nel conflitto d’Ucraina, sia nella guerra del Medio Oriente, la Segreteria di Stato aveva seguito la tradizione della Chiesa di essere al di sopra delle parti. Manifestare la propria contrarietà alla guerra, senza mai propendere per l’uno o l’altro dei belligeranti. Invece Papa Francesco ha nettamente preferito una fazione».

Addirittura, sceso nella contesa?

«In maniera indubitabile: dalla parte dei russi, in Ucraina. Dalla parte dei palestinesi, in Israele».

Torniamo alle questioni di dottrina. Lei dice che Francesco ha solo parlato. Ma parlare è doveroso per un Papa. Alle parole, quali concreti cambiamenti son seguiti?

«A quali parole allude?».

Penso, ad esempio, alla dichiarazione di Francesco del 2013: “Chi sono io per giudicare i fratelli gay?”, oppure alla comunione ai divorziati, o ancora al concetto di una chiesa madre e donna. Cosa ne è seguito, dal punto di vista degli insegnamenti ufficiali della Chiesa?

«In una parola, nulla».

Severa.

«No. Sono indubbiamente stati suggerimenti molto positivi di cambiamento. Però non si è registrato alcun lavoro teologico precedente o successivo che consentisse a questi temi di avere una prospettiva, un’accettazione. Mi spiego meglio: non si può cambiare indirizzo in materia di divorzio o di giudizio sulle tendenze omosessuali, senza ammettere che sino ad oggi ci si era sbagliati. Invece né il recente Sinodo dei Vescovi, né alcun documento teologico hanno segnato nuove strade».

E sulle donne?

«Lì la faccenda è diversa e, se vuole, ancora più grave».

Perché?

«Perché la sottomissione femminile non è legata ad un codice morale. È un portato storico. I Vangeli sono intrisi di storie di eminenti figure femminili. Nelle scritture ci sono tutte le basi per una parità effettiva tra uomo e donna nella Chiesa. Da sempre si registra una resistenza degli uomini, che hanno detenuto il potere. La Chiesa è oggettivamente indietro rispetto alle società occidentali».

Eppure, Francesco ha fatto nomine rivoluzionarie: suor Raffaella Petrini a presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, oppure suor Simona Brambilla, primo prefetto donna nella storia della Santa Sede, suor Alessandra Smerilli al dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

«Le donne il potere se lo devono prendere. Non esisterà mai un Papa buono che offre il potere alle donne. Tra i casi che ha citato, proprio suor Smerilli è indicativa. Il Santo Padre non ha apportato alcuna modifica al codice di diritto canonico che non contemplava la nomina di una donna. Ha attribuito la nomina a sé stesso e poi l’ha delegata. Se avesse cambiato il diritto l'avrebbe cambiato per tutte le donne. Così facendo, ha riguardato solo suor Smerilli. Lo stesso dicasi per la nomina di suor Petrini a direttrice del Governatorato. Nessun intervento di sostanza sul diritto canonico che riserva quell’incarico a un Cardinale. Queste nomine, poi, proseguono a enfatizzare la condizione di subalternità delle donne. Ma posso dirle che la cosa più grave è avvenuta proprio con Suor Brambilla?»»

Mi spieghi.

«Suor Brambilla è stata destinata a un incarico molto importante, come quello di Prefetto del Dicastero per la vita consacrata e le Società di vita apostolica. Cioè, per parlare in soldoni, capo di tutti gli istituti cattolici nel mondo. Una funzione delicatissima. Ebbene, siccome era troppo, il Papa le ha inventato accanto un Pro-prefetto del dicastero, un cardinale, Ángel Fernández Artime. Ebbene, le suore sono tenute all’obbedienza nei confronti dei Cardinali. Un tutore, perché delle donne si parla bene, ma poi devono fare quello che dicono gli uomini».

Almeno sulla questione degli abusi sessuali riconoscerà che Francesco è stato chiarissimo e non ha guardato in faccia a nessuno.

«No, ha guardato in faccia a molti. Purtroppo, ha coperto degli abusatori».

Queste sono parole gravi. di chi parla?

Ad esempio, del Vescovo argentino, Gustavo Zanchetta, amico personale di Bergoglio, condannato da un Tribunale civile in Argentina a quattro anni per gravi abusi sessuali. Zanchetta è stato protetto e accolto in Vaticano. Non è certo in prigione».

Ancora?

«Sì. Il Santo Padre non ha mai voluto ricevere i vescovi francesi che hanno fatto una importantissima inchiesta sugli abusi sessuali del clero in Francia. Ancora?».

Ancora!

«Francesco ha protetto anche il vescovo siciliano di Piazza Armerina, Rosario Gisana, definendolo “eroe”. Consideri che questo Vescovo andrà a giudizio al Tribunale di Enna a maggio, accusato di falsa testimonianza perché avrebbe mentito in aula durante il processo a don Giuseppe Rugolo, condannato a quattro anni e sei mesi per violenza sessuale».

Ancora?

«Sì, Monsignore Marko Ivan Rupnik, accusato di plurimi abusi sessuali e psicologici, anche da consacrate della comunità in cui viveva, si aggira libero in Vaticano, non è neppure stato sospeso a divinis e può dire messa serenamente. Un signore sui cui abusi almeno dieci suore hanno testimoniato. Per questi contegni c’è la scomunica. Invece Papa Francesco l'ha protetto perché era suo amico».