Il commento

Manovra al buon cuore delle banche?

23 Ottobre 2025

«I denari presi agli speculatori, parola della premier in persona, saranno usati per dare una mano a «famiglie e imprese in difficoltà». La destra cova l’offensiva da anni»

La prossima finanziaria potrà passare alla storia come la legge di bilancio «al loro buon cuore». Il cuore è quello dei banchieri. Decisamente duro, come Giorgia Meloni ha già avuto modo di sperimentare un paio d’anni fa. Ma tant’è. C’è bisogno di soldi e allora si torna alla carica, assicurando di nuovo che stavolta sarà tosato chi ce li ha davvero. Cioè le banche. A conti fatti si prevedono una dozzina di miliardi, mica bruscolini.

Per onestà, tuttavia, dovrebbero anche spiegare che la tosatura promessa ai banchieri non è obbligatoria. Com’è già accaduto due anni fa.

Nell’estate del 2023 il governo Meloni lancia la crociata contro le banche, colpevoli di aver accumulato enormi e ingiusti profitti grazie ai tassi d’interesse saliti alle stelle. I denari presi agli speculatori, parola della premier in persona, saranno usati per dare una mano a «famiglie e imprese in difficoltà» (Ansa, 9 agosto 2023). La destra cova l’offensiva da anni. Al debutto pubblico di Fratelli d’Italia, nel gennaio 2013, Giorgia Meloni infiamma la platea: «Noi siamo contro quella sinistra amica di banche e poteri forti!». Da allora non perde occasione per attaccare i governi di turno, «servi delle lobby» finanziarie, senza mai risparmiare il «partito banca del Pd». E rivendicando con orgoglio che «l’unico partito al di fuori di Bancopoli è Fratelli d’Italia».

Così, una volta conquistato alle elezioni palazzo Chigi, arriva il momento di presentare il conto alla lobby più avversata. La botta sugli extraprofitti è micidiale: le banche dovranno pagare allo Stato il 40 per cento degli utili ritenuti ingiustificati, contro il 26 per cento che rappresenta l’imposta sui dividendi azionari. Il braccio destro di Giorgia Meloni, Giovanbattista Fazzolari, giura che la resa dei conti è decisa: «Questo è l’unico governo che ha la forza di tassare le banche perché è l’unico che non ha rapporti privilegiati col sistema bancario». Ma bastano pochi giorni per comprendere quanto la propaganda non rifletta affatto i reali rapporti di forza fra il potere politico e il potere finanziario. Tutti sbilanciati a favore del secondo. Infatti la tassa sugli extraprofitti evapora in un amen appena le banche cominciano a protestare. Non serve nemmeno fare la voce grossa, ricordando che un quarto del debito pubblico monstre italiano ce l’hanno in pancia loro; e con questa roba qualunque governo deve farci i conti.

Finisce a tarallucci e vino: i banchieri potranno evitare di pagare se lasceranno nei loro forzieri gli extraprofitti per irrobustire il patrimonio, invece di distribuirli agli azionisti. Il versamento dell’imposta diventa perciò facoltativo. Al loro buon cuore.

Il risultato è che nessuno paga un euro. Non pagano nemmeno le banche di proprietà dello Stato. Neppure quel Monte dei Paschi di Siena che ha potuto dare l’assalto a Mediobanca grazie al fattivo sostegno dell’«unico governo che non ha rapporti privilegiati col sistema bancario». Per dire quanto la prospettiva possa cambiare quando dall’opposizione, a parole dura e pure, si entra nella stanza dei bottoni.

E siamo alla finanziaria del 2026, con quei soldi accantonati nei bilanci delle banche che fanno sempre gola. Anche perché stavolta servirebbero per qualcosa di assai meno vago dei presunti aiuti «a famiglie e imprese», dei quali è facile scordarsi al momento opportuno. Per esempio, quei 3,5 miliardi di spese militari in più necessari a onorare l’imposizione di Donald Trump alla Nato.

Allora ecco l’idea. Le banche potranno sbloccare dall’anno prossimo i famosi extraprofitti e distribuirli agli azionisti, ma con un notevole sconto fiscale. La tassa sarà del 27,5 per cento anziché del 40 stabilito al tempo della crociata fallita. L’imposta salirebbe poi al 33 per cento nel caso in cui i soldi venissero sbloccati nel 2027, per arrivare al fatidico 40 dal 2028 in poi. Ma gli extraprofitti potrebbero pure restare in eterno nei bilanci, e le banche quindi godere dei rafforzamenti patrimoniali senza che gli azionisti siano costretti a mettere mano al portafoglio per eventuali aumenti di capitale. In ogni caso, dunque, nessuno di loro ci rimette. Mentre il pagamento allo Stato è ancora una volta «al loro buon cuore». Una opzione che agli altri normali contribuenti, si può stare certi, non verrà mai offerta.

Dicono che però stavolta c’è un segnale che si fa sul serio, ed è un lieve aumento dell’Irap per banche e assicurazioni. Peccato che sia poco più di un solletico. Le sole dieci prime banche italiane hanno realizzato nel 2024 profitti netti per 27 miliardi e mezzo. Ma poi, Forza Italia, Fratelli d’Italia e soprattutto la Lega, quella maledetta Irap non la volevano abolire? Come la legge Fornero, il canone Rai, le accise sulla benzina…