Natale, la festa della luce tra natura e riti religiosi

Un auspicio che tutto il mondo spera di vivere, a prescindere dalla propria confessione, specialmente in tempi bui come questi
CHIETI. Il Natale è arrivato e, con esso, si torna a vivere una serie di tradizioni consolidate nel tempo, legate sì alla cultura cristiana, ma altrettanto radicate al sostrato cultuale “pagano”. La liturgia della Chiesa celebra il Natale di Gesù Cristo il 25 dicembre, eppure non ci sono fonti cristiane dei primi due secoli che attestino con precisione la data della nascita del Bambino a Betlemme. Gli studiosi del mondo antico non hanno ancora sciolto il rebus in merito a questa ricorrenza. Il primo elemento interessante riguarda proprio l’importanza religiosa del 25 dicembre. Nei culti tradizionali, volgarmente definiti pagani in contrapposizione alla fede cristiana, a Roma si praticava in questo giorno la memoria del deus Sol invictus, festa istituita dall’imperatore Aureliano nel 274. In quel tempo il solstizio d’inverno cadeva proprio il 25 dicembre. Per l’occasione, Aureliano fondò templi e istituì festeggiamenti. Ma prima di lui non c’è prova certa che il 25 dicembre fosse festivo. In Oriente, inoltre, il culto di Mithra, legato specialmente all’ambiente militare, ricorda proprio come il 25 dicembre ricorresse la nascita di questa divinità.
Una frangia di studiosi (Roll, Assemani) sostiene come la rapida diffusione del cristianesimo nell’Impero romano abbia reso necessario alcune contaminazioni, avviando un processo di cristianizzazione di feste e pratiche pagane per far permeare il Vangelo nel tessuto sociale dell’Occidente. Specialmente dopo la svolta costantiniana, agli inizi del IV secolo, con la progressiva emancipazione della Chiesa e il riconoscimento ufficiale come religio licita da parte degli imperatori Licinio e Costantino (si veda il cosiddetto “Editto di Milano” del 313 d.C.). Altri, invece, poggiano le proprie argomentazioni su un piano diverso, per così dire liturgico. La nascita di Cristo al 25 dicembre si fonderebbe sulla data dell’annunciazione di Gesù al 25 marzo: se l’Incarnazione è avvenuta in questo momento, tramite un semplice calcolo, i nove mesi della gravidanza di Maria sarebbero terminati proprio a fine dicembre.
Ma cosa ci dicono le fonti antiche? I Vangeli ci danno qualche indicazione sull’anno, ma tacciono completamente sul giorno. Come detto, occorre attendere il secondo secolo prima di avere qualche informazione in più. Clemente Alessandrino dice che Gesù sarebbe nato 194 anni, 1 mese e 13 giorni prima della morte di Commodo (avvenuta il 31 dicembre 192), cioè il 17 novembre del 2 a.C. Il padre alessandrino, però, aggiunge anche che altri danno una data più dettagliata: nel giorno 25 del mese di Pachon del 28° anno di regno di Augusto, ovvero il 20 maggio. Ippolito è il primo ad affermare che Gesù sia nato il 25 dicembre nel Commentario su Daniele (sebbene per alcuni studiosi questa sia una interpolazione): «La nascita ebbe luogo otto giorni prima delle calende di gennaio, di mercoledì, nel 42° anno del regno di Augusto» (4,23,3). Insomma, tanti spunti diversi. Ma perché si è scelto proprio il 25 dicembre? Le soluzioni proposte sono fondamentalmente due: o si vuole sostituire la festa del Sol invictus o la celebrazione dei Saturnalia (17-25 dicembre) a Roma, una specie di carnevale ante litteram.
Ma, forse, una possibile soluzione sta nell’osservare il ciclo della natura, e quindi seguire la prima pista. Nel 25 dicembre cadeva il solstizio d’inverno, il momento di separazione fra la massima durata della notte nell’arco dell’anno e la ripresa di quella della luce del giorno. Nel corso della storia dell’umanità l’evento astronomico è stato culturalmente accompagnato da significati religiosi, simbolici e sociali di grande importanza e questo aspetto ha coinvolto pressoché tutte le civiltà, da Oriente a Occidente. Si pensi, ad esempio, alla celebrazione del dio Ganesha in India o alla festa di Yalda in Iran, che ricorda la vittoria della luce sulle tenebre. Cicli della natura del mondo rurale che, nell’epoca pre-industriale, scandivano i ritmi della vita quotidiana. Il Natale quindi è la vittoria della luce e della speranza in un futuro migliore. Un auspicio che tutto il mondo spera di vivere, a prescindere dalla propria confessione, specialmente in tempi bui come questi.
@RIPRODUZIONE RISERVATA