Sulle pensioni si va verso la conferma dei benefici

Quota 103, Ape sociale e Opzione Donna restano le alternative anche nel 2026, mentre dal 2027 l’età pensionabile salirà a 67 anni e 3 mesi, con alcune eccezioni
L’AQUILA. Sono tre i principali canali di uscita dal mondo del lavoro che il governo intende riproporre nella prossima legge di Bilancio. Si tratta di Quota 103, Ape sociale e Opzione Donna, che costituiscono le misure alternative al pensionamento di vecchiaia ordinario. Sono meccanismi di uscita anticipata o flessibile dal lavoro e, per questo, caratterizzati da vincoli aggiuntivi legati a fattori come età, contributi, categorie tutelate e modalità di calcolo dell’importo. Per quanto riguarda la manovra, per il biennio 2027-2028 si conferma, a esclusione dei lavori gravosi e usuranti, l’aumento graduale dei requisiti di accesso al pensionamento connessi all’adeguamento dell’aspettativa di vita. Dunque dal 2027 l’età pensionabile salirà a 67 anni e 3 mesi, con le eccezioni sopracitate. Per le pensioni minime, il governo ha previsto un aumento di circa 20 euro mensili.
QUOTA 103 – È la formula più nota per l’uscita anticipata. Per accedervi sono necessari 62 anni di età e 41 anni di contributi. L’importo della pensione è calcolato con il sistema contributivo puro e non è cumulabile, fino all’età della pensione di vecchiaia, con redditi da lavoro dipendente o autonomo, fatta eccezione per il lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5mila euro lordi annui. Inoltre, fino al compimento dei 67 anni, l’assegno pensionistico non potrà superare quattro volte il trattamento minimo Inps. Ma attenzione: chi matura i requisiti dopo il primo gennaio 2024 deve aspettare quella che, in gergo, si chiama “finestra mobile” ovvero 7 mesi per i lavoratori del settore privato e 9 per quelli del pubblico. In sostanza, anche chi raggiunge la fatidica quota non potrà smettere di lavorare immediatamente, ma dovrà attendere lo scorrere del periodo di differimento disposto dalle norme vigenti.
OPZIONE DONNA – Una misura molto selettiva rivolta a chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2025. In particolare, prevede almeno 35 anni di contributi effettivi, escludendo i periodi riconosciuti come malattia, infortunio, disoccupazione, e 61 anni d’età alla data della domanda di pensionamento. L’importo è calcolato interamente con il metodo contributivo e ci saranno finestre di attesa di 12 o 18 mesi, in base alla categoria di appartenenza. Nella scuola la decorrenza è fissata di solito al 1° settembre dell’anno successivo, mentre nell’alta formazione si va al 1° novembre. Le madri lavoratrici possono avvalersi di uno sconto di un anno per figlio, fino a un massimo di due, potendo accedere al canale agevolato a 60 o 59 anni, seppure con una riduzione dell’assegno. Opzione Donna è riservata solo a chi appartiene ad almeno una di queste categorie: caregiver che da almeno 6 mesi assistono un familiare convivente con disabilità grave; donne con invalidità almeno al 74% o lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi riconosciute.
APE SOCIALE – La sigla sta per anticipo pensionistico: è una misura-ponte, più che una pensione vera e propria. In particolare, è un sostegno temporaneo finanziato dallo Stato e gestito dall’Inps, che non si rivolge alla generalità dei lavoratori. Questo canale di pensionamento anticipato può essere percorso dai lavoratori meritevoli di particolare tutela: disoccupati di lungo corso e senza indennità di disoccupazione, caregiver, invalidi civili (con riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%) o addetti ad attività gravose (per almeno 7 anni negli ultimi 10 o 6 negli ultimi 7 anni, in base al settore lavorativo). Tutte queste categorie potranno beneficiare di un'indennità che li accompagnerà fino all'età della pensione di vecchiaia, consentendo loro di lasciare anticipatamente il lavoro a 63 anni e 5 mesi con almeno 30 anni di contributi. Con un'eccezione: chi ha svolto mansioni usuranti vede la soglia aumentare a 36 anni. Inoltre, le donne che rientrano nelle categorie menzionate potranno contare su una riduzione contributiva fino a due anni in relazione al numero dei figli. Anche a questa formula si applicano limiti di incumulabilità con altri redditi e non è possibile beneficiarne in caso di titolarità di pensione diretta. L’importo del trattamento è pari alla pensione maturata al momento dell’uscita, ma non può superare i 1.500 euro lordi al mese. La misura non è reversibile e non prevede l’accredito della tredicesima. Inoltre, non è cumulabile con i redditi da lavoro.
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