20 ottobre

Oggi, ma nel 1925, a Ravanusa, in provincia di Agrigento, nella chiesa madre, ovvero il duomo di San Giacomo, edificata nel 1632, durante la funzione serale del martedì, Palma Susino uccideva con cinque colpi di rivoltella l’ex amante Antonio Tricali, agricoltore, intento a seguire la messa insieme alla moglie, reo di averla amata e poi averla lasciata preferendo impalmare l’altra donna. L’assassina sparava puntando l’arma dal basso verso l’alto – come riporterà il quotidiano meneghino “Corriere della Sera” nel pezzo intitolato “Uccide in chiesa il suo seduttore” del giorno dopo, 21 ottobre 1925 – e tale accorgimento evitava di far fuori o comunque ferire anche altri fedeli raccolti in preghiera.
L’episodio destava enorme clamore, soprattutto per il luogo dell’omicidio, anche al di fuori della Città del monte Saraceno. La Susino, che tentava di fuggire, (nella foto, particolare, la notizia riportata sul "Corsera" del 21 ottobre 1925) veniva acciuffata dai rappresentanti delle forze dell’ordine. Il fatto di sangue verrà rievocato anche nel volume scritto dai giornalisti Alessandro Riva e Lorenzo Viganò “365 delitti”, che sarà pubblicato dalla casa editrice milanese Baldini & Castoldi, nel 1998. Ma anche in “Italia giallo e nero”, volume di Emanuele Boccianti e Sabrina Ramacci, che sarà edito da Newton Compton, di Roma, nel 2013.
Verosimilmente l’ammazzamento di Tricali era stato influenzato dall’assassinio di Ester Ghezzi, di 22 anni, borghese di famiglia ambrosiana, colpevole di avere una relazione adulterina, da parte del coniuge, Virgilio De Fabritiis, di 34, ufficiale del 27° artiglieria, considerato di origine meridionale, nonostante fosse molisano di Bojano, in quel di Campobasso, avvenuto altrettanto in pubblico come nel caso siciliano, davanti al Teatro alla Scala, nel capoluogo lombardo, il 20 agosto precedente, che, essendo in corso l’iter giudiziario - il 20 dicembre di quel 1925 verrà assolto per infermità mentale al momento dell’uxoricidio - aveva diviso il Belpaese in colpevolisti e innocentisti. Anche seguendo i pezzi d’ampio risalto del giornale di via Solferino. E ciò nonostante il regime mussoliniano tentasse di silenziare la cronaca nera, soprattutto tricolore, senza lesinare uomini e mezzi.