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12 Gennaio

Oggi, ma nel 2019, a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, veniva arrestato dall'Interpol il latitante Cesare Battisti, di Cisterna di Latina, in quel di Latina, classe 1954, ex esponente di spicco dei proletari armati per il comunismo, organizzazione terroristica di estrema sinistra attiva in Italia nei cosiddetti anni di piombo. Il 14 gennaio Battisti verrà estradato in Italia e tradotto nel carcere di Rossano, in quel di Cosenza, dopo essere transitato per quello di Oristano, nell'omonima provincia, per scontare l'ergastolo. Nonostante la spaccatura, non solo nel Belpaese, data la lunga permanenza all'estero dello scrittore dal passato criminale, tra innocentisti e colpevolisti, circa l'azione armata di Battisti, con la sua definitiva cattura si chiudeva, dopo quasi 40 anni, anche l'omicidio di Lino Sabbadin (nella foto, all'interno della sua bottega delle carni), ritenuto tra i più dimenticati della tragica stagione insanguinata dal terrorismo tricolore. La vittima era un militante del Movimento sociale italiano freddato, il 16 febbraio 1979, con quattro colpi di pistola calibro 7,65, dal gruppo di fuoco composto da Battisti, Diego Giacomini e Paola Filippi, per i Pac, nella sua macelleria di Caltana, frazione di Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia. La sua esistenza terrena era stata spenta perché si era opposto alla rapina di autofinanziamento organizzata proprio dai Pac. Tecnicamente a fare fuoco era stato Giacomini, mentre Battisti lo aveva accompagnato e la Filippi era l'autista che aveva atteso in macchina per coprire la fuga. Sabbadin era stato fatto fuori nello stesso giorno dell'esecuzione del gioielliere Pierluigi Torregiani. Uccisione che era stata effettuata da Giuseppe Memeo, Sebastiano Masala e Gabriele Grimaldi, sempre dei Pac, a Milano, nella rivendita di preziosi di via Luigi Mercantini, in zona Bovisa. Sabbadin e Torregiani erano stati soppressi perché avevano opposto resistenza alle azioni di sovvenzione della lotta popolare e perché dai Pac erano considerati giustizieri di estrema destra che giravano con la rivoltella e che si frapponevano come una sorta di milizia. Battisti confesserà così, tra ulteriori polemiche sulla spontaneità o meno di tale ammissione di colpevolezza, verrà ritenuto responsabile di quattro omicidi. Due in concorso e altrettanti come esecutore materiale. Oltre alle morti di Sabbadin e di Torregiani, già menzionate, le altre due erano quella del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ammazzato a Udine, il 6 giugno 1978, in quanto ritenuto reo di presunti maltrattamenti ai danni di detenuti politici e quella dell’agente della Digos Andrea Campagna, stroncato nel capoluogo lombardo, il 19 aprile 1979, in via Modica, nel quartiere Barona.

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