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13 gennaio

Oggi, ma nel 1956, a Venosa, in provincia di Potenza, la polizia in servizio d’ordine durante la manifestazione di protesta dei braccianti uccideva uno di loro in sciopero. Era Rocco Girasole, di 20 anni.

Era affettuosamente ritenuto il sempliciotto del posto, ma era un lavoratore animato, come gli altri, dalla necessità di sopravvivere. Veniva crivellato di proiettili sparati dagli agenti in tenuta anti sommossa. Erano in 300 i lavoratori della terra rimasti disoccupati a protestare “alla rovescia” per la mancanza di terra da dissodare. Erano, come Girasole, figli della miseria più nera. In quell’inverno particolarmente rigido che alzavano il loro grido di disperazione in quella considerata la regione più povera del Belpaese. Un’area geografica segnata dall’arretratezza, dall’emigrazione, dalla cronica mancanza d’occupazione. Al posto di stare a braccia incrociate, armati di pale e picconi, i bifolchi, letteralmente aratori a giornata, stavano tentando di ripulire la centrale via Roma dal fango e dai detriti che si erano accumulati a causa dello scioglimento della neve, caduta copiosamente nelle 48 ore precedenti. Un servizio che sarebbe toccato agli addetti del Municipio che invece rimandavano di giorno in giorno. I finanziamenti governativi per asfaltare le strade principali erano stati stanziati, ma i cantieri non erano partiti a causa delle solite lungaggini burocratiche. La risposta all’ennesima accorata richiesta di lavoro del Mezzogiorno italiano era la scarica di piombo dei celerini del ministro dell’Interno democristiano Fernando Tambroni, del governo presieduto dal Dc Antonio Segni.

Il cadavere di Girasole (nella foto, portato di peso dai compagni), su disposizione della prefettura, verrà prelevato dall’obitorio di nascosto durante la notte e sepolto in luogo sconosciuto in modo da eliminare la prova del reato e tentare di sedare il malcontento popolare. Il funerale, senza bara, sarà più che altro un corteo, presidiato dai funzionari della Camera del lavoro locale. Sarà estremamente partecipato e diverrà un’uscita politica di gran rilievo per il Partito comunista italiano. Le foto, scattate da Ando Gilardi, finiranno su Lavoro, settimanale illustrato della Cgil, del 29 gennaio successivo. Girasole diverrà un simbolo del sud italico affamato in lotta per il diritto a riempire lo stomaco.

All’omicidio di Stato farà seguito la repressione giudiziaria. Verranno arrestate 35 persone presenti alla serrata. Il processo comincerà il 17 giugno 1957, nel capoluogo della Basilicata, coinvolgerà 27 imputati, si concluderà con 12 condanne, anche se in appello una parte delle accuse cadranno. Alla fine i braccianti arrestati sconteranno 19 anni di reclusione. La vicenda verrà ricostruita nel volume di Donato Manieri intitolato “Rocco Girasole, una vittima, un bracciante, un simbolo”, pubblicato, nel 1982, a cura del comitato lucano del Pci.