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13 Novembre

Oggi, ma nel 1917, sulla linea del Piave, al confine tra Veneto e Trentino, iniziava quella che passerà alla storia come la battaglia d'arresto della grande guerra (nella foto, particolare della cartina con la linea d'azione). Le truppe italiane, che erano state credute vinte e moralmente distrutte, anche dagli stessi vertici militari, dopo la disfatta di Caporetto, del periodo 24 ottobre-12 novembre precedente, invece, opponevano resistenza. Avveniva nell'area tra il monte Grappa e le rive del Brenta e del Piave. Tale azione o meglio reazione permetteva alla linea difensiva impostata lungo il fiume Piave di continuare a fronteggiare l'offensiva nemica. Le truppe austro-ungariche erano costrette a ridimensionare l'avanzata nel conflitto di trincea. L'operazione si chiuderà il 26 novembre successivo, con la vittoria difensiva tricolore. Esito, assolutamente non previsto, che sarà fondamentale per risollevare il morale degli italiani, comandati dal capo supremo del regio esercito, il generale Armando Diaz, che aveva preso il posto del dimissionato parigrado Luigi Cadorna, il 9 novembre precedente. La battaglia d’arresto era tatticamente ben diversa dagli scontri che, fino a quel momento, avevano caratterizzato il fronte in Italia. Perché veniva combattuta, non solo con uno spirito di rivalsa -che poi influirà positivamente sull'esito finale della prima guerra mondiale di terra- ma in luoghi che non erano stati ancora attrezzati per la difesa. In zone che erano prive di trincee e di ricoveri, nonostante le condizioni climatiche estreme, soprattutto in quota. L'esercito italiano aveva perso sull'Isonzo le artiglierie, le mitragliatrici e i fucili. Ma anche gli asburgici non disponevano della completa dotazione di cannoni, di obici pesanti e di proiettili perché le linee di rifornimento erano distanti. Mancavano i viveri e il vestiario era inadatto al freddo pungente e alla neve. L'unica risorsa in abbondanza, soprattutto per gli austro-ungarici, era il vino, data la stagione, che avevano requisito durante l'avanzata. L’invasione del Grappa di quel 13 novembre 1917 si articolava in questo modo: raggiunte le vallate a nord del massiccio, le truppe della monarchia dall'aquila bicipite cominciavano a risalire la montagna, sviluppando sanguinosi attacchi sul monte Tomatico, in provincia di Belluno, a 1595 metri sul livello del mare, e sul Peurna, a 1170 metri di quota, sempre nel massiccio del Grappa delle Prealpi bellunesi. Tra gli italiani gli atti d'eroismo venivano compiuti soprattutto dagli alpini, ma anche dai bersaglieri e dai fanti. L’avanzata continuava contemporaneamente anche nelle valli del Piave e del Brenta, ma a differenza della tattica sviluppata a Caporetto, il comando congiunto optava per portare l’attacco anche sulle cime.

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